domenica, 17 Novembre, 2024
Cultura

L’eredità di Ruth Bader Ginsburg voce del dissenso

“Ero ebrea, ero donna, ero madre”, così Ruth Bader Ginsburg, nata  a New York nel 1933, si descriveva e spiegava le radici  dei pregiudizi e delle discriminazioni che avevano ostacolato la sua vita spingendola a lottare per i diritti delle persone.
Alla grande giurista americana, antesignana del moderno femminismo, è dedicato uno dei paragrafi del mio studio socio-giuridico “Il Karma dei giuristi” di prossima pubblicazione. L’ostilità culturale non risparmiava neppure una delle più accreditate Law School americane. La Ginsburg grazie ad una borsa di studio, si iscrive alla Harvard Law School, ed entra poi nel comitato di redazione della Harvard Law Review, sino ad allora composto solo da uomini, ma resta fuori dai grandi studi legali.
Si dedica alla ricerca accademica ed al volontariato e senza distogliere l’interesse dalla sua vocazione primaria, come corresponsabile dell’A.C.L.U. – American Civil Liberties Union, segue alcuni casi di norme discriminatorie e nel 1971 ottiene la sua prima grande vittoria presso la Corte Suprema.
Nel 1979 lascia l’avvocatura. Diventa giudice della Corte d’appello degli Stati Uniti per il distretto della Columbia, nel 1993 approda alla Corte Suprema, nominata dal presidente Clinton ed in ventisette anni di permanenza alla Corte, rivoluziona il mondo del diritto e della giustizia con l’effetto di ampliare per tutti, non solo per le donne, gli spazi di libertà e di autodeterminazione necessari per una piena cittadinanza.
La grande intuizione della Ginsburg, è quella di epurare il dato normativo dalle forti discriminazioni sessiste, per restituire alla norma la sua funzione di regolatrice di conflitti secondo garanzie di parità per tutti gli individui in quanto persone (equal protection under the law).
Ma grandiosa è altresì la sua capacità di dialogare con le istituzioni e di comunicare con i cittadini per richiamare l’attenzione e sollecitare il dibattito pubblico sulle dissenting opinion dei Giudici della Corte.
Prevista dal sistema americano, la non segretezza del voto e delle relative motivazioni, è una forma di dissenso molto forte a cui la Ginsburg ha fatto ampio ricorso, dissentendo non solo per iscritto, ma talvolta anche nella forma del dissenso orale (dissent from the bench) per sottolineare la erroneità della decisione e richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica. Nel 2009, sotto la presidenza di Obama, fu approvata dal Congresso una modifica della legge sui diritti civili, in materia di discriminazioni salariale che si rifaceva alla dissenting opinion della Ginsburg.
Il valore del dissenso ha inciso più di ogni sentenza della Corte, sul cambiamento culturale della società americana.
La morte della Ginsburg, avvenuta  all’età di 87 anni, nel settembre 2020 a ridosso delle elezioni presidenziali, non ha gettato alcun oblio sulla difficile questione dell’equilibrio dei poteri nel sistema americano e nelle altre democrazie.
Un tema delicato anche per il diritto costituzionale italiano che pur non ammettendo la politicizzazione dell’autorità giudiziaria, non ha ancora saputo imporre rimedi adeguati a garantire la concreta trasparenza nell’esercizio della funzione giudiziaria.
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