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Salvini non lega Giorgetti. Separati in casa. Fino a quando?

La resa dei conti all'assemblea programmatica
giovedì, 4 Novembre 2021
1 minuto di lettura

Le strade dei due leader del Carroccio sono ormai rette che da parallele diventano sempre più divergenti. Su tutto. Nel modo di stare nel Governo Draghi, nelle alleanze europee e più generalmente nel tipo di destra da incarnare. Una destra, quella di Salvini, scatenata a solleticare gli umori e i risentimenti più o meno bassi dell’elettorato, come ha fatto anche ieri il Capitano infiammando il suo social con l’affermazione che il carcere non basta per i due criminali assassini di una persona di 90 anni (e che altro prevede la nostra Costituzione oltre al carcere a vita?).

Una destra moderata  e moderna che propone  riforme senza demagogia, che non insegue il populismo, che in Europa vorrebbe stare con il PPE e non con i sovranisti illiberali come Orban e Morawieckzi che anche ieri sono stati la compagnia preferita di Salvini.

Sono due idee diverse di partito che fanno a pugni tra loro. Giorgetti interpreta una certa imprenditoria, fattiva, conservatrice ma che vuol stare in Europa, poco interessata alle polemiche contro gli immigrati, di cui ha ampiamente bisogno per far funzionare le fabbriche, i laboratori e i negozi. Una destra che non insegue novax e no green pass e che non vuol rischiare nuove chiusure o limitazioni per colpa di scelte superficiali o irresponsabili sulla salute pubblica.

Salvini è ancora prigioniero della sindrome del Papeete e non ha capito che quella è una stagione defunta e non tornerà e che i toni esasperati attraggono like e selfie ma non il consenso dell’elettorato che cerca tranquillità dopo un anno e mezzo di disastri. Salvini sembra più in sintonia con un sindacalismo vecchia maniera tutto intento ad assicurare pensioni anticipate e calcolate in modo vantaggioso e poco attento al lavoro dei giovani e alle loro future pensioni. Perfino in Europa Salvini non ha un linea che gli dia prestigio visto che Meloni è leader di un partito europeo e lui tenta adesso di toglierle spazio con i despoti di Varsavia e Budapest.

La pacatezza di Giorgetti non è segnale di debolezza, tutt’altro. È un modo di affermare la serietà e la compostezza che un leader deve. Virtù che Salvini non sembra interessato a coltivare.

Giuseppe Mazzei

Filosofo, Ph.D. giornalista, lobbista, docente a contratto e saggista. Dal 1979 al 2004 alla Rai, vicedirettore Tg1 e Tg2, quirinalista e responsabile dei rapporti con le Authority. Per 9 anni Direttore dei Rapporti istituzionali di Allianz. Fondatore e Presidente onorario delle associazioni "Il Chiostro - trasparenza e professionalità delle lobby" e "Public Affairs Community of Europe" (PACE). Ha insegnato alla Sapienza, Tor Vergata, Iulm e Luiss di cui ha diretto la Scuola di giornalismo. Scrivi all'autore

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