È l’ultima trovata di una politica fantasiosa che usa la Costituzione come una fisarmonica: l’allarga o la stringe a seconda delle convenienze. Per non “sprecare” la grande risorsa Draghi ed evitare lo scioglimento delle Camere prima del 24 settembre 2022 (quando scatta il diritto alla pensione dei parlamentari) si immagina di “spostare” il Presidente del Consiglio al Quirinale conferendogli, di fatto, un forte potere di influenza sul governo, più o meno quello che ha il capo dello stato francese. Si chiama semi-presidenzialismo di fatto. Ma è proprio una buona idea? E potrebbe valere solo per il prossimo governo o anche per quelli che si succederebbero nell’eventuale settennato di Draghi?
Non c’è dubbio alcuno che Draghi sarebbe un eccellente Presidente della Repubblica e continuerebbe a dare grande lustro al nostro Paese. Ma il nostro Capo dello stato – a differenza di quello francese – non può dare l’indirizzo al Governo, né presiedere il Consiglio dei ministri.
Insomma, una volta nominato il Presidente del Consiglio e, su sua proposta i ministri, il Quirinale lascia il campo ai partiti che in Parlamento concedono la fiducia al Governo e tocca quindi all’inquilino di Palazzo Chigi dirigere la politica generale del Governo di cui porta la responsabilità.
Governi del Presidente
Si dirà: in passato abbiamo avuto vari “governi del presidente”, cioè pilotati direttamente dal Colle più alto, che si è fatto carico di inventare una soluzione che i partiti non riuscivano a trovare. Verissimo. Ricordiamo il Governo Dini, 1995, la cui maggioranza fu costruita personalmente da Oscar Luigi Scalfaro e non dai partiti. Ma Il nome di Dini lo fece Berlusconi, che aveva vinto le elezioni. Scalfaro esercitò su quel governo un’influenza discreta, al limite dei poteri costituzionali.
Forzature costituzionali
A Draghi si vorrebbe dare un potere maggiore di quello esercitato da Scalfaro. Ottima idea. Non potendo cambiare la Costituzione in tre mesi come si fa? Con una inedita mozione che accompagni la sua elezione al Quirinale? Non è prevista né dalle norme né dalle consuetudini. Facciamo uno scenario. Se alle prossime elezioni politiche 2023 vincesse il centro-destra e Salvini o Meloni fossero i naturali candidati a guidare il Governo, che influenza Draghi potrebbe esercitare su di loro? Si dice che Draghi dovrebbe limitare il suo “patronage” alla materia economica. Già. E se Salvini volesse intervenire sulle pensioni alla maniera sua, che potere avrebbe Draghi di impedirglielo. Stesso discorso varrebbe se vincesse il centro-sinistra. Insomma arrampicarsi sugli specchi stiracchiando la Costituzione non serve e può preludere a conflitti gravi tra le istituzioni.
Chi pensa a Draghi-Presidente della Repubblica come nume tutelare dell’Esecutivo immagina che questa funzione possa essere esercitata solo sul governo che dovrebbe servire ad evitare le elezioni anticipate per assicurare ai parlamentari la pensione. Un po’ pochino per forzare la Costituzione e scomodare Draghi.