Trasformare il voto di comuni e città in un laboratorio da dottor Stranamore della politica è una perniciosa abitudine dei partiti. Si sperimentano localmente alleanze da trasferire a livello nazionale e non ci si concentra sulla qualità dei candidati sindaci. Eppure le nostre città meritano di essere governate meglio. E I cittadini hanno il diritto di assaporare i piaceri del buongoverno nella vita di tutti i giorni nel luogo in cui vivono.
Quello che succederà a Roma, Milano, Torino, Trieste Bologna, Napoli in altri 1342 Comuni non avrà alcun effetto sul Governo Draghi né servirà a chiarire le idee a Letta e Conte o a dissipare i malumori tra Salvini, Meloni e Berlusconi. Ma inciderà sui problemi del traffico, dei rifiuti, della qualità dell’aria, della disponibilità di asili nido, dell’emarginazione di quartieri ridotti a dormitorio, del decoro urbano.
I sindaci eletti direttamente dal popolo sono i primi depositari di un mandato diretto dei cittadini e sono anche l’immagine più vicina del potere su cui la gente misura la qualità della democrazia italiana.
I partiti dovrebbero dedicare più attenzione alla selezione di questa classe dirigente locale, aiutandola a formarsi adeguatamente sul piano tecnico-amministrativo e anche su quello ideale-manageriale. Il sindaco non deve essere un Masaniello o un capo popolo ma un vero amministratore delegato della propria città dotato di una visione, consapevole della sua missione e capace di gestire la complicata macchina amministrativa. Nelle grandi città ogni candidato sindaco dovrebbe indicare in campagna elettorale il suo city manager, una sorta di direttore generale in grado di coordinare le attività e assicurare l’implementazione della politica generale decisa dal sindaco. Purtroppo non è così. A parte poche lodevoli eccezioni la selezione dei candidati sindaci e dei consiglieri comunali avviene sulla base di criteri molto più prosaici: fedeltà al leader compensazione per altri mancati incarichi, possesso di pacchetti di tessere, abilità demagogiche.
Non sarebbe il caso di richiedere per legge che chi si candida per ruoli rilevanti nelle amministrazioni locali, anche regionali, dimostri di avere dei requisiti minimi di conoscenza della macchina pubblica, di capacità gestionale oltreché di onorabilità? Si potrebbe istituire un master ad hoc presso la Scuola nazionale di pubblica amministrazione oppure prevedere una sorta di esame abilitante per chi voglia intraprendere la corsa per diventare amministratore locale. Se la classe dirigente locale fosse meglio selezionata anche quella nazionale migliorerebbe di qualità. E non sarebbe male……