La riforma del processo civile è uno dei pilastri del programma di governo. Pubblichiamo il primo di 4 interventi su questo argomento dell’avv. Gianluca Rabitti, la cui autorevolezza i lettori de La Discussione hanno avuto già modo di apprezzare.
La locomotiva Draghi delle riforme procede a tutto vapore, con i partiti seduti in carrozza ristorante a discettare del menù, litigandosi la paternità delle ricette. Archiviata la riforma penale, la Commissione Giustizia del Senato ha approvato il testo del Disegno di Legge delega di riforma del processo civile. Questo vuol dire che, una volta passata anche alla Camera, il Governo avrà un anno di tempo per tradurre in decreti specifici i tanti principi enunciati. Quindi non trattenete il respiro, perché la riforma in azione la cominceremo a vedere non prima del 2023.
Anche questa riforma fa parte del pacchetto richiesto dalla UE nell’ambito del PNRR, perché l’Europa è preoccupata della eccessiva durata dei nostri processi civili, e della difficoltà di incassare i crediti giudizialmente.
Non solo l’Europa è scontenta, anche la maggioranza degli operatori economici e cittadini italiani lo sono.
I risultati delle indagini sulle riforme (semplificazione, fiscale, giustizia e lavoro) tra manager e opinione pubblica presentati il 22 settembre, in occasione dell’evento “Riforma Italia” di EY e Luiss Business School danno un giudizio negativo della situazione attuale che genera la richiesta (circa 60%) di concentrarsi maggiormente nel percorso di riforma sugli aspetti di efficienza del sistema giudiziario. Per i 2/3 del campione la lentezza dei processi è tra i fattori di crisi più gravi del Paese, così come l’eccessiva complessità delle procedure (32%), e la difficoltà di recuperare un credito.
Il DDL delega è di 100 pagine, e questa volta si può dire che la Commissione ha davvero riscritto il testo proposto dal Governo.
La Ministra Cartabia ha promesso una riduzione del 40% dei tempi per arrivare a fine processo, rispetto ad oggi.
I principali contenuti della riforma
L’intervento è a tutto campo, si va dalla riforma e potenziamento dei mezzi alternativi di risoluzione delle controversie, come la mediazione (resa obbligatoria prima dell’inizio del giudizio in molti più casi), la negoziazione assistita e l’arbitrato, ad una ristrutturazione e compattazione del processo di primo e grado, d’appello (che ora prevede che i Giudici possano dichiarare quasi subito che un appello è manifestamente infondato, e dunque che è inutile proseguire il giudizio) e Cassazione, ad un aumento della competenza dei giudici di pace e del giudice monocratico (che decide da solo) a scapito del giudice collegiale (che decide con 3 giudici e che prima era quasi la regola). La riforma incide anche profondamente sul processo del lavoro e, per quanto riguarda famiglia, persone e minori si prevede la creazione di un rito unificato denominato ‘procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie’. Non meno importanti, finalmente l’attuazione dell’Ufficio del processo e una profonda scommessa sul processo telematico (udienze da remoto tutte le volte che non sia necessaria la presenza di testimoni o terzi nel processo).
Un confronto con il processo all’americana
Per capire se la scommessa della Ministra Cartabia può avere successo, terremo presenti – oggi e nei prossimi articoli – alcuni dati attuali sul processo e useremo come benchmark di riferimento il processo che noi tutti conosciamo e che vediamo tutte le sere in televisione: il processo all’americana.
I dati: adattando le statistiche del CEPEJ del Consiglio d’Europa del 2020 (ma relative al 2018), vediamo che la durata media di 3 gradi del giudizio civile in Italia è di più di 7 anni e 3 mesi (sommando giudizi ordinari e procedimenti abbreviati) a fronte di circa 4 anni e 3 mesi in Grecia, 3 anni e 4 mesi in Francia e Spagna, 1,5 anni in Romania, 1 anno in Svezia , e addirittura solo 9 mesi e mezzo in Portogallo.
In realtà tutti sappiamo che un giudizio civile medio dura in Italia non meno di 4 anni in primo grado, 3 anni in appello e 2 anni in Cassazione, per un non invidiabile totale di 9 anni!
Nel prossimo articolo metteremo la riforma Cartabia alla prova del processo all’americana. (1-segue)
*Gian Luca Rabitti, avvocato LLM ad Harvard, esperto di tecniche di negoziazione