Berlino solidarizza con Parigi, dopo lo smacco subito per la vicenda dei sommergibili e definisce “deludente e irritante” il comportamento degli Stati Uniti. Ursula von der Leyen aveva già bollato come “inaccettabile” il trattamento subito dalla Francia. Oltre il disappunto, espresso anche dal governo italiano, non si va non si può andare. In politica bisogna guardare alla sostanza dei problemi e non alle frizioni che si possono creare, per i motivi più disparati, tra Paesi amici.
Occorre distinguere tra problemi commerciali e problemi strategici
Sul piano commerciale l’irritazione dei francesi verso l’Australia è comprensibile. Canberra ha cambiato idea sui sommergibili che aveva in programma di acquistare dalla Francia e ha preferito la tecnologia americana. Macron e Morrison devono trovare una composizione adeguata di questa impasse. Parigi ha probabilmente diritto ad un parziale risarcimento per gli accordi fatti saltare all’improvviso.
Ma sarebbe un errore trarre da questo conclusioni che potrebbero lacerare in maniera grave i rapporti tra potenze libere e democratiche proprio quando quelle illiberali e autoritarie allargano le loro sfere di influenza.
La Francia ha tutto il diritto di voler essere partecipe della nuova strategia americana che dà priorità assoluta all’area indo-pacifica, in funzione di contenimento dell’espansionismo cinese.
Parigi ha avuto una storica presenza in quell’area e ha territori d’oltremare che galleggiamo sull’Oceano Pacifico. Il patto Aukus non è un’alleanza militare come la Nato ma un accordo di cooperazione militare in un’area delicata, nella quale gli Usa mirano a stringere rapporti sempre più stretti con Giappone, India, Corea del Sud e altri Stati che cominciano a sentire il fiato sul collo del dragone cinese.
Biden ha spiegato che altri Paesi liberi possono associarsi. In fondo, per il Presidente Usa, avere le grandi potenze occidentali che condividono la sua strategia nell’indo-pacifico è un elemento di forza e non certo di debolezza.
Quindi, espressa ai francesi la solidarietà che si deve come Paesi europei, è ora di passare oltre e puntare al risultato: allargare Aukus all’Europa.
Sarebbe opportuno che questo ampliamento avvenisse coinvolgendo non singolarmente ma insieme Francia, Italia e Germania nelle modalità più opportune e praticabili. Si tratta di una scelta che devono fare innanzitutto i tre Paesi europei. Anche perché è loro interesse ridimensionare il peso che la Gran Bretagna si è ritagliato di corsa in questo nuovo fronte della strategia internazionale americana. Minacciare, come si è sentito dire, il ritiro di Parigi dalla struttura di comando militare integrata della Nato, nella quale è rientrata nel 2009 dopo un’assenza di 43 anni, significherebbe commettere un altro imperdonabile errore.