Il ritiro degli ambasciatori francesi da Washington e da Canberra è insieme una brutta e una bella notizia. È brutta perché si tratta di una sorta di dichiarazione di guerra diplomatica che avviene tra Paesi amici. È bella perché indica la volontà francese di restare protagonista delle scelte internazionali insieme agli Usa e alle altre potenze occidentali. L’Italia che ha in corso la redazione di uno storico Trattato di collaborazione con la Francia potrebbe cogliere l’occasione per contribuire a ricucire le relazioni tra Parigi e Washington.
Il ritiro degli ambasciatori non è certo la rottura delle relazioni diplomatiche ma una brusca interruzione dei rapporti tra attori rilevanti del mondo occidentale libero e democratico. E avviene subito dopo la sconfitta dell’alleanza contro i talebani in Afghanistan. Quanto può aver influito la perdita di 56 miliardi per la commessa dei sommergibili? Molto, ma non in misura tale da provocare una gesto così clamoroso.
Il nazionalismo ferito vale più di 56 miliardi
La Francia è un Paese con forte sentimento nazionale e reagisce con orgoglio quando si sente ferita nell’onore. Ma l’onore francese può limitarsi ad una perdita di 56 miliardi (tanto valeva la commessa sui sommergibili), su un PIL di 2500?
Evidentemente c’è qualcosa di più serio. La Francia si è sentita tagliata fuori da un accordo strategico internazionale nel quale era sicura di poter giocare un ruolo di primo piano.
Per giunta, l’estromissione della Francia è avvenuta col plauso del vicino Regno Unito che, nonostante le belle parole di Boris Johnson, si sente il concorrente principale di Parigi tra i Paesi del Vecchio Continente.
La collaborazione strategica e le sue implicazioni
I terreni su cui la si articola la collaborazione degli Stati Uniti con le altre potenze alleate sono tanti: non c’è solo quello della fornitura di armamenti. Pensiamo al peso che hanno quelli che si chiamano “intangible assets” come l’intelligence, lo scambio di informazioni, la cooperazione nella definizione delle strategie diplomatiche e militari. Ed è quindi su questi altri terreni che si gioca la vera partita da cui la Francia teme di essere esclusa.
E qui viene la buona notizia. Macron ha lanciato un segnale di irritazione così forte per voler dire che il suo Paese, a parte non voler subire gli sgarbi sui contratti, non vuol restare ai margini delle decisioni strategiche , e vuol far sentire il suo peso.
Questo comporta, ovviamente, che la Francia sia disposta a cooperare con gli altri Paesi alleati su tutti i terreni rilevanti per la sicurezza reciproca, che non è solo la lotta al terrorismo, ma anche il contenimento delle superpotenze illiberali, Cina e Russia.
Washington ha tutto l’interesse che la collaborazione con la Francia sia piena ,come avviene con l’Italia e la Germania. Per questo, il rientro dell’ambasciatore di Macron sarà oggetto di un negoziato complesso.
Soluzione possibile
La Francia potrà ottenere una sorta di parziale ristoro (forse anche economico) per l’affronto subito se certificherà con gesti concreti la sua volontà di cooperare senza se e senza ma con gli Stati Uniti e gli altri Paesi alleati. Non esistono altre strade percorribili. La Francia isolata nella Nato o, peggio, dalla Nato non è immaginabile. L’Italia che ha in corso la redazione di uno storico Trattato di collaborazione con la Francia potrebbe cogliere l’occasione per contribuire a ricucire le relazioni tra Parigi e Washington. E’ interesse di tutti.