lunedì, 18 Novembre, 2024
Lavoro

Pensioni. Ape sociale, opzione donna contratti d’espansione. Costi e tutele

Sono le tre ipotesi che stanno prendendo quota per riaprire, definire e ultimare il dossier pensioni. Quello della previdenza, così come gli ammortizzatori sociali sono i due temi che faranno da banco di prova della leadership di Draghi, non solo come premier ma anche in vista delle le prossime mosse istituzionali.

 

IL TEMPO STRINGE
La riforma della previdenza ha tre paletti temporali: la legge di bilancio prevista per la metà di ottobre quando il Ministero dell’economia e Finanze dirà i soldi che lo Stato metterà a disposizione per la riforma; l’altra data limite è il 31 dicembre quando finirà “l’esperimento” di Quota 100. Il giorno dopo, infatti, tornerà di scena la riforma Fornero con i 67 anni come data di uscita dal lavoro. L’ipotesi più avversata da tutti. Infine da mettere in conto la contrarietà del ministero dell’Economia a interventi costosi che la vigilanza dell’Europa metterà in discussione.

NO ALLA LEGGE FORNERO
I partiti cominciano a definire le loro posizioni con una linea di demarcazione comune: no al ritorno della Forneo, un diniego simbolico ma che spiega come oltre ai no dovranno pure emergere tra breve delle proposte da mettere a confronto. La partita si gioca sul terreno delle convergenze tra Governo sindacati e associazioni di categoria. Ad avere un peso di interdizione saranno inoltre il Ministero dell’economia, quello del lavoro e l’Inps.

IPOTESI E COSTI
Il nuovo assetto pensionistico, secondo le prime indicazioni, comprenderà la possibilità di uscita anticipata con almeno 62 anni d’età e 38 di contributi. Proposta già presentata dal primo Governo Conte. Ma valutata come troppo dispendiosa. C’è poi l’ipotesi di nuove Quote: dalla “102” già ventilata e la “41”, idea della Lega che non dispiace ai sindacati. Con la possibilità di uscita al quarantunesimo anno di contribuzione, a prescindere dall’età anagrafica. Oppure per altre vie dare la possibilità ai lavoratori, almeno per alcune categorie di andare in pensione a 61-62 anni. Con una “flessibilità” in uscita con una temporanea riduzione dell’assegno. In questo contesto ragionando su costi e benefici, si apre la possibilità di ripartire dagli strumenti già disponibili. Ipotesi a cui lavora la Commissione tecnica istituita dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando.

APE SOCIALE
In rampa di lancio l’Ape sociale che oggi si presenta così: 63 anni di età e almeno 30 anni di anzianità contributiva; l’ipotesi è ampliare ad altre categorie di lavoratori impegnati in attività considerate gravose o usuranti.

CONTRATTI DI ESPANSIONE
Ci sono poi i Contratti di espansione che consente alle aziende una pluralità di azioni, come il far uscire il personale a 60 mesi dalla pensione di vecchiaia o di anzianità con un percorso di esodo incentivato. Allo studio del governo potrebbe interessare una platea di circa 27mila dipendenti nel 2021, e altrettanti nel 2022, che potrebbero così uscire, volontariamente, e in modalità incentivata, dall’impresa.

OPZIONE DONNA
C’è poi Opzione Donna, che permette alle donne lavoratrici di andare in pensione a 58 anni di età (lavoratrici dipendenti) o 59 anni (lavoratrici autonome), purché in possesso di almeno 35 anni di contributi versati. Sono le tre ipotesi che concedono dei vantaggi per i lavoratori e non hanno spese eccessive per lo Stato. Su questa linea c’è il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, l’uso di strumenti che già oggi permettono di lasciare il lavoro a 63 anni che non siano troppo costosi per le casse dello Stato e per l’Istituto.

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