Un pessimo segnale. A meno di un mese dal 26 agosto, giorno in cui sono stati emessi i primi biglietti dalla nuova compagnia di bandiera di proprietà pubblica, il 24 settembre ci sarà il primo sciopero proclamato dai sindacati. Prevale la conflittualità invece della collaborazione.
Il management di Ita vede nubi all’orizzonte delle relazioni sindacali che partono come se tanti anni di falliti e costosissimi salvataggi di Alitalia non avessero insegnato nulla.
GUARDARE ALLA DURA REALTÀ
Un’esasperata e spesso irresponsabile conflittualità ha segnato per molti anni il distacco tra i sindacati delle varie categorie del trasporto aereo e la cruda realtà che avrebbe imposto bel altre scelte per rendere competitiva e sostenibile economicamente la vecchia Alitalia.
Ita è l’ultima spiaggia per cercare di mantenere una compagnia di bandiera che possa essere utile al sistema Paese senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica oltre quelli già impegnati.
In 47 anni Alitalia è costata agli italiani ben 13 miliardi.
Secondo uno studio di Mediobanca dal 1974 all’arrivo di Etihad nel 2014, lo Stato aveva speso per Alitalia circa 7,4 miliardi: 5.397 miliardi di euro (a valori del 2014) tra aumenti di capitale (4.949 miliardi), contributi (245 milioni), garanzie prestate (8 milioni) e altri contributi pubblici (195 milioni. Nel 2017 i sindacati si opposero alla ricapitalizzazione da 2 miliardi che prevedeva 1000 esuberi. Etihad se ne uscì e lo Stato ricapitalizzò per 900 milioni. Cui si sono aggiunti i 3 miliardi del decreto rilancio che devono servire a far ripartire la Compagnia, tornata nella mani del Ministero dell’ Economia e Finanze.
BASTA INTERVENTI DELLO STATO
Draghi è stato chiarissimo: Ita ora deve volare da sola e lo Stato non dovrà più sobbarcarsi altre spese. Se ce la fa bene. Altrimenti non ha senso operare altri salvataggi.
Ovviamente la situazione dal 2017 è peggiorata, anche per l’effetto Covid e per i paletti della Commissione europea che ha imposto una totale discontinuità tra la vecchia Alitalia e la nuova Ita.
Gli esuberi sono lievitati dai 1000 previsti neo 2017. Il piano industriale prevede un taglio drastico dei velivoli e di personale. Resteranno c 52 aeromobili e 2800 dipendenti.
Successivamente Ita valuterà se partecipare alle gare per entrare come socio di minoranza nei due settori dell’handling e della manutenzione.
SBAGLIATO ALZARE LE BARRICATE
Di fronte a questo scenario i sindacati alzano le barricate. Ma contro chi? Contro l’estremo e unico tentativo rimasto per salvare quel che resta di Alitalia che cesserà di volare il 14 ottobre.
Ovvio che la situazione p difficile ma i sindacati dovrebbero pensare agli errori commessi in passato ed evitare di comportarsi come se Ita dovesse ereditare anche le vecchie maniere di Alitalia.
I sindacati sbagliano interlocutore: se hanno rimostranze da fare devono rivolgersi al Governo non al management di Ita che deve pensare a lavorare facendo ripartire la compagnia in maniera sana e senza orpelli del passato.
NECESSARIO RIVEDERE I CONTRATTI
Uno dei temi è la revisione dei contratti. I sindacati se ne devono fare una ragione: i vecchi contratti sono stati una delle cause del disastro Alitalia. Se si vuol ripartire bisogna avere il coraggio di voltare pagina.
Con quale credibilità Ita si potrà presentare sul mercato, ai consumatori e ai possibili partner se i sindacati non collaborano e continuano a comportarsi come se non fosse successo nulla negli 20 anni?
Prevalga il senso di responsabilità e lo spirito di collaborazione.
L’Alitalia non è un Ministero ma un’azienda che deve saper stare sul mercato accettandone le regole. Altrimenti…