lunedì, 23 Dicembre, 2024
Politica

Oltre la riforma Cartabia serve una vera rivoluzione. Meno conflitti e intrecci giudici-politica

Per la riforma della Giustizia non bastano i voti del Parlamento. Serve un clima più sereno basato sulla serenità e il rispetto reciproco  nei rapporti tra magistrati e politica. Basta intrecci perversi, non è più il tempo di conflitti tra poteri dello Stato e ordine giudiziario. Si deve aprire una pagina nuova. Il criterio dell’efficienza deve entrare anche nelle Procure, nei Tribunali e nelle Corti.

Fa i primi  passi la seconda grande riforma chiesta dall’Europa. Draghi ha ottenuto una mediazione che soddisfa tutte le  forze di maggioranza. Molte risorse sono state stanziate, altre ne serviranno. Ora però, dai nuovi articoli dei codici bisogna passare alla pratica quotidiana. E quella che serve non è una riforma ma una rivoluzione, una sorte di metanoia. Occorre un radicale cambio di mentalità da parte di tutti gli attori.

 

Giudici e politica, dalla guerriglia alla collaborazione

Da 40 anni la giustizia e la politica litigano, si intrecciano in maniera perversa, si ostacolano a vicenda, offrono uno spettacolo poco commendevole e il risultato è sotto gli occhi di tutti. Salvo lodevoli eccezioni ed eroici esempi, la giustizia si tramuta in ingiustizia  di fatto a danno dei cittadini; al posto della collaborazione tra Parlamento e Governo da una parte e Ordine giudiziario dall’altra c’è una guerriglia continua; il gioco  corporativo delle correnti ha minato la credibilità dell’organo di autogoverno dei magistrati. In questo sfascio generale si insinua anche la mala pianta dell’ uso politico delle inchieste. Insomma un disastro totale. E’ ora di dire basta. Tutti facciano un esame di coscienza, riconoscano gli errori commessi e si cambi registro. Da questa situazione nessuno trae un reale vantaggio se non i criminali.

Uno Stato di diritto in cui l’amministrazione della giustizia funziona male è uno Stato ferito che rischia una crisi di legittimità. Per troppo tempo si è voluto ignorare questo vulnus.

 

Troncare i legami tra correnti del Csm e partiti

I leader dei partiti prendano il solenne impegno di non strumentalizzare più le inchieste e facciano un comune appello alla magistratura affinchè si  senta parte e non controparte  di un lavoro comune  da svolgere insieme a Parlamento e Governo. La riforma del Csm è indispensabile per ricondurre le correnti ad una corretta dialettica  non di potere  ma di diverse sensibilità, troncando ogni legame tra correnti e partiti.

La composizione mista del Csm è stata voluta per dare maggiore autorevolezza all’organo di autogoverno dei giudici non per creare una selva di rapporti impropri se non illeciti tra politica e magistratura.

 

Lavorare di più e meglio

Da tempo si conoscono le carenze strutturali di mezzi e personale. Stavolta le risorse ci sono.Nel giro di due -tre anni gli organici sia dei magistrati che del personale ausiliario saranno notevolmente rafforzati. Sarebbe il caso di rendere più civili anche i luoghi fisici dove si celebrano i processi.

Ma occorre un salto di qualità che spetta al Ministero guidare e ai capi degli Uffici gestire: serve efficienza non basta solo la competenza nel diritto. Per smaltire moli enormi di arretrati ,organizzare il lavoro di tante figure professionali servono manager che, sempre nel rispetto dell’autonomia dei magistrati, siano in grado di collaborare con loro per migliorare e rendere efficiente il lavoro di tutti fissando obiettivi e assicurando che possano e debbano essere raggiunti.

L’Italia è chiamata ad un impegno corale per tornare ad essere un Paese davvero civile, in cui la giustizia sia una garanzia per tutti e non un incubo, una scommessa o peggio un terreno dove vincono i peggiori, i più furbi, i più spregiudicati e quelli che riescono ad eluderla beffando i cittadini onesti.

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