domenica, 17 Novembre, 2024
Società

Femminicidi, la violenza non nasce dal nulla

“La violenza non nasce dal nulla: la si apprende in casa, dove si assorbono le gerarchie, i ruoli, la si conosce nel gruppo dei pari, in televisione, attorno a noi”. Ne è convinta Marilù Oliva, docente di lettere e scrittrice. Nel romanzo “Le spose sepolte” (2018) affronta proprio il tema delle donne vittime di femminicidio.

In un piccolo paesino nell’Appennino Tosco Emiliano si verificano misteriose sparizioni di mogli e madri i cui i mariti sostengono di non sapere nulla. L’enigma sarà risolto grazie a un killer – giustiziere che prima aiuta la polizia a individuare i cadaveri e poi ammazza gli assassini che con la giustizia l’avevano fatta franca per mancanza di prove…

Marilù Oliva

La legge cd. Codice rosso rende le sanzioni più dure, eppure i casi di violenza sulle donne si ripetono a ritmo impressionante. Come mai?
“Possiamo mandare in prigione quanti violenti e femminicidi vogliamo (sebbene i casi di cronaca abbiano dimostrato che spesso le forze dell’ordine non siano intervenute tempestivamente) e possiamo anche chiuderli in una cella e buttare via le chiavi: ma non avremo risolto il problema, perché ne verranno altri. L’unica è affrontare la questione nel profondo, cercando di capire cosa c’è dietro a tanta violenza e come arginarla. Per questo, lavorando sulle nuove generazioni, io spero che nell’arco di qualche decennio la situazione cambi”.

Quale è l’identikit del violento?
“La violenza non nasce dal nulla: la si apprende in casa, dove si assorbono le gerarchie, i ruoli, la si conosce nel gruppo dei pari, in televisione, attorno a noi. Si impara a usarla o a riceverla, in una sorta di fatale dipendenza. Al di là del vissuto dei soggetti abusanti, diverso per ciascuno, ciò che li accomuna è l’adesione a una sottocultura atavica di discriminazione di genere: si tratta di uomini – di ogni classe sociale e di ogni età – che ritengono la donna un proprio possesso e pretendono il controllo assoluto su di lei. Ma questi uomini, non dimentichiamolo, sono stati allevati da genitori (quindi anche da madri) che non hanno saputo insegnare loro a relazionarsi in maniera equilibrata”.

Il femminicidio è solo un frutto avvelenato della cultura maschilista o dietro nasconde altre ragioni?
“Il femminicidio non è una semplice azione omicidiaria: è in primis una cultura, una forma di pensiero e interpretazione della realtà e svalutazione della donna che si estende a diversi livelli. È tutto legato: i codici pubblicitari che spesso minimizzano le violenze con un lessico stereotipato e machista, la mentalità diffusa che tende ad accogliere le prevaricazioni sulle donne, a dar loro poca importanza, a relegarle a ornamento, la reificazione del corpo femminile, incidono perfino i ruoli preconfezionati imposti ai bambini. Essendo un fenomeno così complesso e composito, i fattori che condizionano la cultura sono tanti. L’educazione che riceviamo, i libri che leggiamo (e soprattutto quelli che non leggiamo), i messaggi surrettizi, la televisione e i mezzi di comunicazione di massa”.

Quali azioni possiamo compiere nella vita di tutti i giorni per migliorare la sicurezza delle donne?
“Credo che la situazione potrebbe migliorare con un lavoro profondo di rieducazione all’altro e, in questo senso, tutti possiamo fare qualcosa. Noi insegnanti a scuola, noi genitori con i nostri figli, noi adulti quando ci confrontiamo con gli altri. Dovrebbero inoltre smantellarsi alcuni modelli vecchi di arrendevolezza femminile insieme a nuovi modelli, ugualmente dannosi, di rappresentazione della donna come corpo-oggetto. Poi occorrerebbe cambiare la forma mentis corrente e partire a monte: dall’educazione al rispetto verso l’altro, dall’abbattimento degli stereotipi, i giornalisti potrebbero adottare il “Manifesto di Venezia”. Ma forse sarebbe il caso di riflettere anche su quanto sia labile il confine tra volgarità e aggressione e su quanto la svalutazione diffusa della donna, del suo lavoro, del suo ruolo, della sua fisicità, persuada – anche a livello inconscio – a considerare meno grave qualsiasi infrazione contro la sua persona”.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

“Fantasmi. Ma chi l’ha detto che devi baciare un rospo per trovare un principe”

Emanuela Antonacci

Prosegue la scia di femminicidi. Commissione d’inchiesta al lavoro

Cristina Calzecchi Onesti

Per un italiano su due il carovita è il tema più rilevante

Francesco Gentile

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.