Tornare ad un “Miracolo economico” come quello degli anni Sessanta è possibile ma servono valori condivisi e l’unità dei partiti su progetti rigorosi. La crescita del debito pubblico è ancora inesorabile. I fondi europei e la tenacia di Draghi non basteranno.
Nell’economia italiana si ricorda un solo “Miracolo”, ed è quello avvenuto negli anni ‘60. Oggi malgrado i molti taumaturgi, le molte scuole di formazione economica e finanziaria, le istituzioni universitarie i “centri” studi degli istituti di credito, i tanti analisti e consiglieri, più che di miracolo e sviluppo reale, si parla solo di debiti che si accumulano. Parliamo dell’oggi, quindi di quell’ipotetico “effetto Draghi” che finora non si è visto. Certo il premier ha una lunga e consolidata carriera, una sua figura di rilievo, di eccellenza mondiale, ma non ha la bacchetta magica. La pandemia ha frenato l’economia, ma dei numeri passati e presenti – così cari agli economisti – pur bisogna tenere conto. Il trend della crescita del debito delle amministrazioni pubbliche è costante. Secondo i dati resi noti da Bankitalia ad aprile è aumentato di altri 29,3 miliardi risultando pari a 2.680,5 miliardi (a marzo era 2.650,9 miliardi).
DEBITO IN CRESCITA
Un aumento considerevole. Il debito continuerà a crescere perché gli affanni della economica italiana sono arcinoti. La pubblica amministrazione sfonda ogni mese nuovi record di debito. I debiti vanno pagati, sia quelli che abbiamo con l’Europa e sia quelli che i cittadini e imprese hanno verso lo Stato. Come è noto in questi giorni si discute di riforma del fisco. Dibattito sospeso tra due emergenze, l’ulteriore rinvio delle cartelle esattoriali (una cifra che varia tra i 35 e i 55 milioni di atti) per fine agosto, e nel contempo l’inesigibilità del debiti che gli italiani hanno con l’Agenzia delle entrate, un debito – per lo più sotto i mille euro per bollette e multe stradali non pagare – che si aggira sui 900 miliardi.
Con questi numeri e con uno scenario economico che vedrà una ripresa di oltre il 4%, – ma sempre al di sotto dei livelli pre Covid del 2019 – è difficile fare salti di gioia. La visita a Roma, domani, della presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen è un atto significativo perché verrà a confermare i fondi europei assegnati all’Italia. Si era parlato di un piano Marshall per rilanciare l’economia. Realisticamente siamo, tuttavia, molto distanti da quel “Miracolo” che avvenne tra la fine degli anni ‘50 e i primi degli anni ‘60. Il balzo fu realizzato perché si volle incrementare il lavoro – e non i benefici per non lavorare – si diede vita ad un piano straordinario di opere pubbliche, si innescarono ad effetto domino riforme per sanità, agricoltura, per l’edilizia.
L’INTERVENTO PUBBLICO
L’intervento dello Stato nei settori dell’energia e delle materie prime fu determinante. Con uomini di enorme prestigio politico economico culturale. Ricordiamo le mitiche figure del banchiere Raffaele Mattioli, e di quell’incredibile manager come Enrico Mattei, di politici che in schieramenti diversi tra liberali, cattolici e comunisti, riuscirono a collaborare – pur in una competizione politica talvolta ferrea e durissima – insomma il miracolo avvenne perché tutti avevano obiettivi generali condivisi.
Si faceva quadrato su lavoro, salari, sviluppo, solidarietà e un impegno per creare una Italia forte, potenza economica mondiale. Possibile ritrovare quello spirito di iniziativa politica e sociale? Forse si, vogliamo essere ottimisti, anche se la realtà ci dice che i partiti che ebbero negli anni passati un ruolo di impegno costante nel dialogare con i cittadini, oggi dialogano solo tra loro stessi e le loro fazioni interne.
La frammentazione non genera miracoli e riforme. Genera modesti potentati e lotte di piccoli interessi. Se si vuole cambiare i partiti diano un vero esempio, tornando ad essere portatori di grandi idee, di valori e di impegno. Saldare competenze e crescita è possibile ma questa unità deve partire dalle classi dirigenti.