Per gli italiani proprietari di casa inizia una settimana di pagamenti. Facendo attenzione su tutto ciò che il fisco chiede dopo proroghe e riduzioni di importo. Con l’acconto del prossimo 16 giugno gli italiani possessori di immobili verseranno dovranno versare 9,8 miliardi di euro per l’IMU, (Imposta municipale unica) il cui gettito complessivo annuo sarà di 19,6 miliardi di euro. Da ricordare l’abolizione delle rate IMU, introdotte nel corso del 2021, per alcuni immobili strumentali alla produzione individuati nei vari Decreti per contrastare la pandemia.
I versamenti riguardano oltre 25 milioni di proprietari di immobili diversi dall’abitazione principale, i calcoli dicono che il 41% sono lavoratori dipendenti e pensionati.
IL RAPPORTO IMU 2021
“Il costo medio complessivo dell’IMU su una ‘seconda casa’ ubicata in un capoluogo di provincia”, spiega Ivana Veronese, Segretaria Confederale Uil, “sarà di 1.070 euro – 535 euro da versare come acconto di giugno – con punte di oltre 2 mila euro nelle grandi città”. I dati complessivi emergono dal Rapporto IMU 2021 elaborato dal Servizio UIL Lavoro, Coesione e Territorio. “La media dell’aliquota applicata per le seconde case”, secondo i calcoli del sindato, “ammonta al 10,6 per mille e in molti Comuni 480 municipi di cui 18 Città capoluogo, è in vigore “la ex addizionale TASI”, fino a un massimo dello 0,8 per mille, introdotta per finanziare negli scorsi anni le detrazioni per le abitazioni principali, così da portare in questi Comuni l’aliquota IMU fino all’11,4 per mille”.
Chi possiede una seconda pertinenza dell’abitazione principale della stessa categoria catastale, ossia cantine, garage, posti auto, tettoie; dovrà versare l’Imposta con l’aliquota delle seconde case, con un costo medio annuo di 55 euro, 28 euro di acconto, con punte di 110 euro annui.
I COSTI
Se si prendono in considerazione i costi IMU sulle prime case, ossia quelle cosiddette di lusso: abitazioni signorili, ville e castelli; sempre ubicate in un capoluogo di provincia, il costo medio è di 2.623 euro, 1.311 euro per l’acconto, con punte di oltre 6 mila euro nelle grandi Città.
Secondo i risultati del rapporto, il costo maggiore in valore assoluto per una seconda casa a disposizione si registra a Roma con 2.064 euro medi; a Milano, invece, si pagheranno 2.040 euro medi; a Bologna 2.038 euro; a Genova 1.775 euro; a Torino 1.745 euro. Valori più “contenuti”, invece, ad Asti con un costo medio di 580 euro; a Gorizia con 582 euro; a Catanzaro con 659 euro; a Crotone con 672 euro; a Sondrio con 674 euro.
LE ALIQUOTE
In 19 Città è in vigore la ex addizionale della TASI, per cui, in questi Comuni, le aliquote superano quella massima dell’IMU (10,6 per mille). In particolare, Roma, Milano, Ascoli, Brescia, Brindisi, Matera, Modena, Potenza, Rieti, Savona, Verona e Vicenza l’aliquota è all’11,4 per mille; a Macerata all’11,3 per mille; a Terni e Siena, all’11,2 per mille; a Lecce, Massa e Venezia all’11 per mille; ad Agrigento al 10,9 per mille. Altre 73 Città capoluogo, sempre sulle seconde case, applicano l’aliquota del 10,6 per mille, tra cui Torino, Bologna, Firenze, Napoli, Palermo, Bari.
In 10 Città le aliquote sono sotto la soglia massima, tra cui Como, Belluno, Gorizia, Udine, Pordenone. Per una seconda pertinenza della stessa categoria catastale a Roma si pagano mediamente 110 euro annui; a Milano 99 euro annui; a Bologna 96 euro annui; a Firenze 95 euro annui; a Napoli 95 euro annui.
CATASTO, RIFORMA MAI ATTUATA
Il tema della tassazione degli immobili è tornato al centro del dibattito politico in questi giorni. “Per noi”, sottolinea Ivana Veronesi nel suo ruolo di esponente della Uil, “sarebbe opportuno che le modifiche dell’IMU venissero apportate organicamente riaprendo il “cantiere” del federalismo fiscale, riforma prevista tra l’altro nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.
Contemporaneamente, indica la Uil, sarebbe necessaria la riforma del catasto in grado di riportare equità nella tassazione sul mattone, annunciata più volte nel corso degli ultimi anni e mai attuata. Una riforma attesa da più di 30 anni, dato che l’ultima revisione degli estimi catastali è datata 1989, partendo da una revisione dei valori catastali vecchi, iniqui e che non corrispondono al reale valore degli immobili, eliminando i paradossi attuali per cui case di pregio nei centri storici hanno rendite catastali basse, mentre immobili situati in periferia e costruiti più recentemente hanno rendite catastali alte.
NO A MAGGIORI PRELIEVI
“Prestando, però, molta attenzione”, osserva la dirigente sindacale, “perché questo processo di riforma non dovrà significare maggiori prelievi, ma una diversa e più equa ripartizione del prelievo fiscale sugli immobili”. “Ovviamente”, conclude Ivana Veronese, “sempre accompagnando questi percorsi ad una lotta senza se e senza ma, all’evasione fiscale sulla tassazione immobiliare che ogni anno produce un minor gettito pari ad oltre 1 miliardo di euro”.