Il rischio di uno strappo al Senato è rientrato con l’elezione di Simona Malpezzi, e alla Camera il complicato derby che si concluderà martedì è tutto al femminile. La settimana del nuovo segretario del Pd, Enrico Letta, si chiude con un bilancio positivo sulla svolta paritaria impressa fin dal suo insediamento: prima con la nomina dei due vice-segretari, Irene Tinagli e Giuseppe Provenzano, poi con l’indicazione di rinnovare i capigruppo parlamentari con l’elezione di due donne. Che l’impresa non fosse facile si era capito gia’ lunedi’, quando alle parole di Letta aveva fatto seguito la disponibilita’ a fare un passo indietro di Graziano Delrio (Camera), ma non quella di Andrea Marcucci, il presidente dei senatori in quota Base Riformista (corrente degli ex renziani), che ha opposto non poca resistenza.
Tanto da paventare una conta nel gruppo, forte dei sostegno di 24 senatori su 36. Giovedi’, invece, la matassa si e’ sbrogliata sul nome di Malpezzi, sottosegretaria ai Rapporti col Parlamento che lascera’ l’incarico, ma soprattutto esponente di Base Riformista, destinata quindi a dare continuita’ alla gestione politica del gruppo. Per propiziare la ricucitura nel partito ci sono voluti diversi colloqui tra Letta, Marcucci, i senatori e i capicorrente Luca Lotti e Lorenzo Guerini. Il segretario l’ha formalmente spuntata, chiarendo ancora una volta che “unita’ non e’ unanimita’”. Anche se Malpezzi e l’Ufficio di presidenza sono stati poi votati da tutti. Il criterio vale comunque anche per la Camera, dove la partita si sta giocando tra Debora Serracchiani e Marianna Madia, in un clima tutt’altro che benedetto dalla concordia.
“Debora e’ una persona autorevole. Ma di cooptazione mascherata si tratta”, scrive la Madia in una lettera ai deputati dem, che prosegue: “Questa distanza tra forma e sostanza non e’ sana: non far seguire a cio’ che diciamo il nostro comportamento penso sia una delle cause del perche’ non riusciamo piu’ a esprimere la vocazione espansiva del nostro partito”.
“L’autonomia e’ stata la cifra della mia storia personale e politica, e anche quando sono stata accanto a qualcuno l’ho fatto lealmente, condividendo idee e mantenendo liberta’ di giudizio”, la replica dell’ex presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, sempre in una lettera ai deputati del Pd, nella quale chiede alla sua “rivale”: “Confrontiamoci senza ipoteche e senza retropensieri sapendo che ognuna rappresenta se stessa e che ogni collega del gruppo decidera’ in piena liberta’”.
Serracchiani e’ data per favorita ma non ha ancora i numeri sufficienti. A sostenerla sarebbero le aree di Andrea Orlando e Dario Franceschini, mentre il seguito di Matteo Orfini e degli ex renziani punterebbe su Madia, ex ministro del governo Renzi.
L’eventuale elezione di Serracchiani, attuale presidente della commissione Lavoro, potrebbe creare strascichi nei rapporti con Fi, che avanza pretese su quella poltrona. Il Pd non vuole mollarla, rivendicando per se’ la staffetta interna ottenuta dai forzisti con la successione alla vice-presidenza della Camera, dopo la nomina di Mara Carfagna al governo. Il Pd puo’ contare in commissione anche sull’appoggio del M5s, grazie ai rapporti rafforzati mercoledi’ dall’incontro tra Letta e Giuseppe Conte, il primo di una serie che si svolgera’ perioridicamente per costruire un’allenza gia’ alle prossime Comunali. Prospettiva a dir poco sgradita al fronte renziano.