Servono riforme coraggiose e concrete per giustizia, fisco e finanza. Occorre una amnistia che riformi l’obbrobrio della Centrale rischi finanziari, che riduca drasticamente i procedimenti pendenti nei tribunali, che azzeri le cartelle fiscali. Siamo a ritardi e numeri eccezionali che impediscono di avere un futuro. Senza un presa di coscienza della realtà il Paese rischia di rimanere ostaggio dei partiti e delle crescenti tensioni sociali.
Può un Paese aspirare alla crescita con 12 milioni di cittadini segnalati alla Crif, la incredibile Centrale rischi finanziari che decreta ingiustamente la fine economica di una persona o di una impresa? Può rimanere sereno il cittadino di una Nazione che ha, tra processi penali e quelli civili, qualcosa come 5 milioni di procedimenti pendenti? Un ritardo che di fatto riduce di molto le garanzie di equilibrio e giustizia. Può ambire a qualcosa di meglio una persona che vive in una Italia dove sono pronte 50 milioni di cartelle esattoriali in attesa di essere recapitate per lo più a famiglie già in serie difficoltà? Sono numeri che devono far riflettere tutti. Chi Governa sa che una situazione del genere oltre ad essere drammatica è surreale. Emerge infatti un Paese che da alcuni decenni ha perso la bussola in molti settori strategici della vita sociale, economica ed istituzionale. In questo contesto la politica fa finta di non vedere il problema, con un atteggiamento ormai noto, quello del rinvio.
Con una altra novità, ci sono partiti passati dalla contestazione ribellistica e di piazza sul modello francese, fino ad autoproclamarsi forza “moderata e liberale”. In questo scenario di confusione e giravolte si attendono riforme annunciate ma che non sono state nemmeno intraprese. Basta osservare la realtà. Nelle tante audizioni tenute dalle rappresentanze di Associazioni di categoria, dei Sindacati del mondo produttivo e del volontariato, svolte dall’ex Governo Conte e ora dal nuovo esecutivo Draghi, emergono sempre le stesse richieste: riforma della giustizia, riforma del fisco, la riduzione delle disuguaglianze, lo smantellamento di ciò che non funziona nella pubblica amministrazione ad iniziare dalla burocrazia. Sono proposte sollecitate per favorite un ricambio generazionale e di velocità capaci di rilanciare il Paese. Chi Governa quindi conosce bene la montagna insormontabile delle difficoltà, della enorme zavorra che frena ogni possibilità di rilancio dell’economia e di una società italiana, in particolare quel ceto medio oggi in preda a problemi serissimi.
Un Paese che da tempo non trova uno spirito di corale di iniziativa. Sappiamo che la politica per essere efficace e far crescere l’Italia deve fare delle scelte coraggiose, deve perseguire una strategia di valori, di proposte, puntare sulla innovazione con coraggio. Allora ci chiediamo come si può con i numeri eccezionali di una crisi economica, sociale, del funzionamento della giustizia, uscire dal tunnel? Rimettere in cammino l’Italia? Una via d’uscita, forse l’unica, è iniziare a pensare con serietà a una “amnistia” fin dove sia possibile e corretto, mantenendo saldi i valori Costituzionali della legalità e giustizia sociale. Quindi una “amnistia” ragionata dove, ad esempio, nella giustizia si escludano i resti gravi; le evasioni fiscali più pesanti; si cambi con obiettività il metodo assurdo e penalizzante della Centrale rischi finanziari. Altrimenti sarà veramente difficile vedere delle soluzioni chiare capaci di disincagliare la nave Italia.
Abbiamo visto anche con l’attuale governo Draghi il carico di aspettative per il rilancio del Paese, ma abbiano già constatato le tensioni interne ai partiti alle prese con obiettivi contrastanti, tensioni che stridono con una alleanza di Governo coesa, pronta a sfide importanti. Una presa di coscienza sui mali del Paese va fatta. I numeri dei ritardi, in settori delicati dello Stato, sono fatti concreti, drammaticamente eccezionali.
Se la politica ha ancora un senso si occupi della realtà, con determinazione, con una visione concreta del futuro. Le riforme necessario non si realizzano annunciandole ma realizzandole.