Per fortuna degli ignavi che non leggono, non seguono, non si indignano se non per loro personalissimi problemi e che considerano la politica un imbroglio o un passatempo frustrante, non c’è stata finora la valutazione che avrebbero meritato i dati concordi diffusi ieri da Ocse, Banca d’Italia e Commissione Europea.
Sono dati, invece, allarmanti e preoccupanti per la condizione della nostra economia: si prevedono a rischio di chiusura il 40% delle piccole aziende, il 30% delle medie e 1 su 5 tra le più grandi.
Sono quindi a rischio di scomparsa, anche tenendo conto di una parziale ripresa nel 2021, ben 500 mila posti di lavoro che diverrebbero 700 mila nel caso che in autunno ci fosse una nuova ondata della pandemia.
Né c’è da fare affidamento eccessivo sulle disponibilità del risparmio privato: in conseguenza della brusca flessione del reddito fino a circa l’80%, le disponibilità residue potrebbero non essere sufficienti per pagare i mutui o altri crediti.
A fronte di questo scenario così preoccupante, che si compendia nel brusco calo nel PIL, di circa l’11,2 %, c’è l’azione di un governo che rischia di essere vanificata dalle complicazioni burocratiche. Citiamo, per tutti, i dati relativi ai decreti più datati, quelli per l’emergenza sanitaria: al momento sono state adottate solo 31 misure su 165, appena il 20% del totale.
C’è perciò da augurarsi che il decreto sulle semplificazioni riesca veramente a semplificare e a rompere riserve, codicilli e controlli che finora hanno bloccato tanti interventi e ingessato fino alla paralisi l’apparato pubblico.
Siamo d’accordo con Conte che è il momento di correre, non di ponzare o di sostare. Speriamo perciò che il “Salvo intese”, la formula con la quale è stato approvato il decreto, non celi in alcuni il disegno di ridiscutere tutto da capo.