Il governo dello Yemen e i ribelli Houthi hanno raggiunto un accordo per lo scambio di migliaia di prigionieri, in quello che potrebbe rappresentare il più ampio gesto di distensione da quando è iniziato il conflitto nel 2014. L’intesa è stata annunciata al termine di una serie di colloqui mediati dalle Nazioni Unite e dal Comitato Internazionale della Croce Rossa, tenutisi in Oman, e prevede il rilascio simultaneo di oltre 2.000 detenuti da entrambe le parti. Tra i nomi inclusi nell’accordo figurano ufficiali di alto rango, giornalisti, combattenti e civili arrestati negli anni più duri della guerra. Secondo fonti vicine ai negoziati, lo scambio dovrebbe avvenire in più fasi, con un primo gruppo di prigionieri liberato già entro la fine dell’anno. L’iniziativa è stata salutata con cautela dalla comunità internazionale, che vede nel gesto un possibile preludio a un cessate il fuoco più stabile e a un processo di pace inclusivo. Il conflitto in Yemen ha causato oltre 370.000 morti, secondo le stime ONU, e ha generato una delle peggiori crisi umanitarie al mondo. Lo scambio dei prigionieri è considerato un test cruciale per la fiducia reciproca tra le parti, dopo anni di trattative interrotte e tregue violate. Il governo yemenita, sostenuto da una coalizione guidata dall’Arabia Saudita, ha definito l’accordo “un passo necessario per la riconciliazione nazionale”, mentre i leader Houthi hanno parlato di “un gesto di umanità che non cancella le responsabilità della guerra”. Sul terreno, la situazione resta fragile. Nelle ultime settimane si sono registrati nuovi scontri nella provincia di Marib, e gli osservatori temono che l’accordo possa essere compromesso da attori regionali contrari alla normalizzazione. Ma per le famiglie dei detenuti, il ritorno dei propri cari rappresenta una speranza concreta, in un Paese che da troppo tempo vive sospeso tra guerra e diplomazia.



