La crisi al confine tra Thailandia e Cambogia sta assumendo dimensioni sempre più complesse, al punto da coinvolgere anche i Paesi vicini. Bangkok ha annunciato la sospensione temporanea del transito di carburante proveniente dal Laos, una misura definita “di sicurezza nazionale” e legata al timore che rifornimenti energetici possano finire indirettamente nelle aree contese, alimentando l’instabilità. La decisione arriva mentre lungo la frontiera si moltiplicano gli scontri armati, con bombardamenti, razzi e raid aerei che nelle ultime settimane hanno provocato decine di vittime e oltre centomila sfollati. Il governo thailandese sostiene che la rotta laotiana, utilizzata da anni per integrare le forniture interne, potrebbe essere vulnerabile a traffici paralleli in un momento in cui il controllo del territorio è reso difficile dall’escalation militare. Le autorità di Vientiane hanno espresso “preoccupazione” per la misura, temendo ripercussioni economiche, ma hanno evitato toni polemici per non essere trascinate nel conflitto. Sul terreno, la situazione resta tesa. Gli scontri si concentrano attorno ai templi khmer di Ta Muen Thom e nelle province di confine, dove artiglieria e aviazione sono tornate a essere impiegate con intensità dopo il crollo del cessate il fuoco siglato appena due mesi fa. La disputa, radicata in mappe coloniali e rivendicazioni storiche, continua a riaccendere sentimenti nazionalistici in entrambi i Paesi, rendendo fragile ogni tentativo di mediazione internazionale. La scelta di bloccare la rotta del carburante dal Laos è letta dagli analisti come un segnale della volontà di Bangkok di blindare le proprie linee logistiche in vista di un conflitto che potrebbe protrarsi. Una mossa preventiva, ma anche un messaggio politico: la Thailandia non intende lasciare margini di vulnerabilità mentre la crisi al confine con la Cambogia entra in una fase sempre più imprevedibile.



