La Striscia di Gaza ha vissuto un’altra giornata segnata dal maltempo, con un bilancio sempre più drammatico. Secondo le autorità locali almeno sedici persone sono morte nelle ultime ventiquattr’ore a causa del freddo e del crollo di strutture già indebolite dai bombardamenti. Tre vittime erano bambini, trovati senza vita nelle tende allagate o sotto le macerie di abitazioni collassate nel nord dell’enclave. La tempesta, che da mercoledì sera flagella il territorio, ha investito in modo particolare i campi degli sfollati, dove vivono oltre un milione e mezzo di persone in rifugi di fortuna incapaci di reggere pioggia e vento. Alle difficoltà causate dal maltempo si aggiunge il quadro sanitario sempre più critico.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità solo diciotto ospedali su trentasei risultano parzialmente funzionanti, insieme al quarantatré per cento dei centri di assistenza primaria. L’ospedale Shifa è tornato a offrire alcuni servizi, ma la carenza di medicinali essenziali continua a essere gravissima: materiali per dialisi, chirurgia intensiva e cure cardiovascolari arrivano con lentezza, ostacolati da procedure che l’Oms definisce inutilmente complesse. Anche l’Organizzazione internazionale per le migrazioni denuncia ritardi nell’ingresso dei materiali per rinforzare i rifugi, dai sacchi di sabbia al legname, bloccati da restrizioni israeliane.Intanto le violenze non cessano del tutto.
L’agenzia palestinese Wafa riferisce che a Jabalia un diciannovenne è stato ucciso dall’esercito israeliano, mentre proseguono bombardamenti mirati su Gaza City, Rafah e Khan Yunis. Dall’inizio del cessate il fuoco dell’undici ottobre, il numero delle vittime palestinesi è salito, secondo fonti locali, a 385, con oltre mille feriti. Oltre al freddo, nelle prime ore di ieri una telecamera della Reuters nel sud di Israele ha registrato un lampo seguito da un’esplosione proveniente da Gaza, a conferma di un clima ancora instabile nonostante il cessate il fuoco formalmente in vigore. Hamas continua ad accusare Israele di violazioni “ripetute” dell’accordo, mentre cresce la pressione per consolidare la tregua in vista della complessa fase politica che si aprirà con il possibile arrivo della forza internazionale.
Tajani incontra Abu Mazen
Sul versante politico e diplomatico la giornata è stata dominata dal colloquio a Roma tra Mahmoud Abbas e il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Abu Mazen ha ringraziato l’Italia per il sostegno alla soluzione dei due Stati e ha chiesto a Roma di riconoscere ufficialmente lo Stato palestinese. Ha inoltre accolto con favore un ruolo italiano nel futuro Peace Council e nella forza internazionale di stabilizzazione che dovrebbe dispiegarsi nella Striscia. Tajani, definendo “lungo e molto amichevole” l’incontro, ha ribadito il pieno sostegno italiano all’Autorità palestinese, ricordando l’impegno umanitario e sanitario dell’Italia e i trasferimenti dei feriti, tra cui oltre duecentotrenta bambini curati negli ospedali italiani.
Verso la forza internazionale
Il tema della forza di stabilizzazione è centrale nella nuova fase del piano di pace promosso dagli Stati Uniti. Secondo fonti statunitensi citate da Reuters, truppe internazionali potrebbero arrivare già dal prossimo mese a Gaza, con un mandato Onu che esclude il combattimento diretto contro Hamas. Il Comando centrale americano sta definendo dimensioni, addestramento e regole di ingaggio dell’ISF, mentre martedì sedici dicembre Doha ospiterà una conferenza con oltre venticinque Paesi per definirne struttura e funzioni. La forza rappresenta il cardine della “seconda fase” del piano sostenuto da Washington dopo l’avvio del cessate il fuoco e gli scambi di ostaggi e prigionieri.
Petroliera sequestrata dall’Iran
Sul fronte regionale, l’Iran ha annunciato di aver sequestrato nel Golfo di Oman una petroliera straniera che trasportava sei milioni di litri di gasolio di contrabbando. Diciotto membri dell’equipaggio sono stati arrestati. Teheran ha anche denunciato un’incursione statunitense nell’Oceano Indiano: forze speciali avrebbero fermato una nave proveniente dalla Cina con componenti a duplice uso destinati al programma missilistico iraniano, poi distrutti. Sempre dall’Iran arriva la notizia dell’esecuzione di una donna condannata per l’omicidio della figliastra di quattro anni, un caso che aveva suscitato forte indignazione nell’opinione pubblica locale.



