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Kaja Kallas, Alto Rappresentante dell'Ue per gli affari esteri

L’Ue congela gli asset russi. Mosca fa causa, Roma frena, Trump manda l’inviato in Europa

sabato, 13 Dicembre 2025
2 minuti di lettura

L’offensiva diplomatica sul conflitto ucraino si muove su più livelli, tra tensioni interne all’Unione Europea e un rinnovato attivismo statunitense. Bruxelles ha approvato la norma che congela a tempo indeterminato i beni russi presenti nell’Unione, una misura che cambia la natura del blocco e prepara il terreno al prestito pluriennale destinato a sostenere Kiev. Mosca reagisce con durezza, mentre Donald Trump invia in Europa il proprio emissario per cercare un’accelerazione nei negoziati. Intanto la Francia (e i Volenterosi) smentisce con fermezza che Kiev abbia accettato cessioni territoriali come base di discussione
La nuova norma, approvata per procedura scritta con il voto favorevole di venticinque Stati membri, impedisce il trasferimento delle riserve della Banca centrale russa e supera il meccanismo precedente che richiedeva un rinnovo semestrale all’unanimità. La scelta è interpretata dalle istituzioni europee come un passo necessario per garantire continuità al congelamento dei circa duecentodieci miliardi di euro detenuti soprattutto presso Euroclear.

La linea

L’Alto rappresentante Kaja Kallas ha chiarito la linea: le attività russe resteranno bloccate finché Mosca non risarcirà i danni di guerra. Il Consiglio europeo del diciotto dicembre dovrà ora stabilire come utilizzare i profitti generati da questi fondi per sostenere economicamente l’Ucraina.

Quanto ai negoziati

La scelta dell’Ue ha spinto il Cremlino ad annunciare un’azione legale. Secondo fonti governative, Mosca intende contestare nelle sedi competenti la base giuridica della norma approvata tra gli Stati membri, sostenendo che la misura viola il diritto internazionale e colpisce beni statali protetti da immunità sovrana. Il Cremlino afferma che l’Ue “si è spinta oltre ogni limite” e avverte che qualsiasi tentativo di utilizzare quei fondi, anche solo i profitti maturati, avrebbe “conseguenze politiche e giudiziarie”. Da Mosca la reazione è affidata alla portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, che definisce le relazioni con Roma “al minimo dalla fine della Seconda guerra mondiale”, attribuendo la responsabilità alle pressioni della Nato e del “mondo anglosassone”.
Anche tra gli Stati membri la decisione non è unanime. Secondo un documento interno, l’Italia si è unita a Belgio, Malta e Bulgaria nel chiedere alla Commissione di esplorare modalità alternative al piano iniziale, che prevedeva di usare direttamente le riserve statali russe congelate. I governi coinvolti temono rischi giuridici significativi e propongono un Piano B basato su un’emissione comune di debito europeo. Una soluzione che, però, richiederebbe l’unanimità e potrebbe arenarsi davanti al veto di Paesi più vicini alle posizioni del Cremlino.
Nello stesso momento gli Stati Uniti tentano una nuova mediazione. Il presidente Trump manda il suo inviato speciale Steve Witkoff a Berlino per incontrare Volodymyr Zelensky e i leader europei del formato E3. Washington insiste da settimane sulla necessità di concessioni significative da parte ucraina per arrivare a un cessate il fuoco.
Trump, intervenendo a un evento pubblico, ha parlato di “progressi significativi” nei negoziati, senza però scendere nei dettagli del progetto di “zona economica libera” nel Donbass. Per il Cremlino, che da giorni ribadisce che il Donbass “è già territorio russo”, l’attivismo americano conferma che soltanto Washington può chiudere la partita diplomatica.

Scenario militare

Sul terreno il conflitto continua. Il ministero della Difesa russo sostiene di aver abbattuto nella notte quarantuno droni ucraini in diverse regioni, dalla Crimea a Belgorod. Esplosioni sono state segnalate anche nella regione di Saratov, dove la raffineria locale sarebbe stata colpita da un attacco, secondo fonti ucraine. Nel frattempo Zelensky si è recato nell’area di Kupyansk, a pochi chilometri dalle linee russe, per ribadire il sostegno alle truppe e allertare gli alleati sulla pressione militare nel nord-est.

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