Il Parlamento austriaco ha approvato a larga maggioranza una legge che vieta alle ragazze sotto i 14 anni di indossare il velo islamico nelle scuole, sia pubbliche che private. Il provvedimento, sostenuto dal governo conservatore e appoggiato da socialdemocratici e liberali, rappresenta uno dei cambiamenti più significativi nella politica educativa e d’integrazione del Paese negli ultimi anni. La ministra dell’Integrazione, Claudia Plakolm, ha difeso con forza la misura, definendola uno strumento per proteggere le giovani “dall’oppressione” e da un’idea del corpo femminile che “non dovrebbe essere nascosto”. Secondo il governo, il divieto non è un attacco alla libertà religiosa, ma un passo necessario per garantire pari opportunità e autonomia alle studentesse. Le sanzioni, che entreranno in vigore dall’anno scolastico 2026/27, prevedono multe tra 150 e 800 euro per le famiglie che non rispetteranno la norma. La legge, tuttavia, ha sollevato critiche immediate. I Verdi sono stati gli unici a votare contro, definendo il provvedimento incostituzionale e discriminatorio, ricordando come un tentativo simile fosse già stato bocciato dalla Corte costituzionale nel 2020 per violazione del principio di uguaglianza. Anche giuristi e organizzazioni per i diritti umani hanno espresso preoccupazione, sostenendo che la norma colpisce in modo mirato la comunità musulmana e rischia di alimentare tensioni sociali. Secondo le stime, il divieto potrebbe riguardare circa 12.000 ragazze in tutto il Paese, un numero che ha riacceso il dibattito sull’integrazione e sulla laicità nelle scuole austriache. Il governo, dal canto suo, insiste sul fatto che a 14 anni i giovani acquisiscono il diritto di scegliere autonomamente la propria religione, e che la legge tutela proprio questa libertà. Il provvedimento arriva in un clima politico segnato da un crescente sentimento anti-immigrazione e da pressioni interne sulla sicurezza culturale e identitaria del Paese.



