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Riciclo, il rapporto Unicircular avverte: risultati alti, ma il sistema non regge la sfida industriale

Debolezze nelle filiere strategiche e mercato delle materie seconde ancora instabile
sabato, 6 Dicembre 2025
2 minuti di lettura

L’industria italiana del riciclo conferma risultati di rilievo nel contesto europeo, ma il rapporto annuale ‘L’Italia che Ricicla’, presentato ieri a Roma dalla sezione Unicircular di Assoambiente, segnala nodi strutturali che frenano la trasformazione del settore in una vera leva industriale. Il documento mette in evidenza che dietro performance consolidate emergono debolezze nelle filiere più rilevanti per volumi e impatti ambientali: plastica, tessile, edilizia e Raee. Il rapporto fotografa una produzione complessiva di 193,8 milioni di tonnellate di rifiuti, composta da 164,5 milioni di rifiuti speciali e 29,3 milioni di rifiuti urbani. Nei rifiuti speciali prevalgono le attività di costruzione e demolizione, che rappresentano il 50,6% del totale, seguite dagli scarti del trattamento rifiuti (23,5%) e dall’industria manifatturiera (16,8%).
Tra i rifiuti urbani l’organico incide per il 34,7%, seguito da carta e cartone (21,8%), plastica (12,8%) e vetro (8,3%). La raccolta differenziata raggiunge il 66,6%, pari a 19,5 milioni di tonnellate.

Un primato senza strategia industriale

Il 54% dei rifiuti urbani viene avviato a riciclo, il 20% al recupero energetico e il 16% finisce in discarica. Nei rifiuti speciali il riciclo sale al 73,1%, uno dei livelli più alti in Europa. Il rapporto sottolinea che l’Italia mantiene risultati elevati grazie alle filiere storiche (carta, vetro e metalli) che superano il 70% di riciclo. Maquesto vantaggio non si traduce in una strategia capace di ridurre la dipendenza da materie prime e energia e di sostenere gli obiettivi climatici europei.
La frammentazione del sistema e l’assenza di un piano industriale rallentano la crescita del settore, che continua a funzionare attraverso eccellenze isolate, senza però un coordinamento nazionale.

Le filiere più deboli

Il quadro cambia quando si analizzano le filiere strategiche. Nel settore dell’edilizia, pur con un recupero degli inerti pari all’81%, il mercato degli aggregati riciclati non si consolida. La domanda resta debole e le norme non risultano uniformi tra i territori, con accumuli di materiali riciclati che non trovano impiego.
La plastica affronta una fase critica: la concorrenza dei polimeri vergini a prezzi più bassi, i costi energetici e un quadro normativo incerto mettono sotto pressione il comparto.
Tessile e Raee presentano bassi livelli di raccolta, che impediscono il recupero di materie prime seconde di valore strategico e accrescono la dipendenza da risorse estere. Anche le filiere più solide devono fare i conti con impianti ad alta intensità energetica e con i costi legati al sistema EU Ets, elementi che riducono la competitività.

Un settore di microimprese tra margini ridotti e prezzi volatili

Il rapporto, osservando la struttura del settore, rileva una prevalenza di micro e piccole imprese, soggette a margini contenuti e prezzi instabili. Lo sviluppo di un mercato nazionale delle materie prime seconde risulta ostacolato, mentre collaborazioni industriali e integrazioni di filiera restano limitate.Secondo i curatori dello studio, una maggiore “osmosi industriale” potrebbe rafforzare la capacità produttiva, creando sinergie tra imprese e filiere oggi separate.

“Serve un cambio di passo”

Paolo Barberi, Presidente Unicircular, richiama l’attenzione sulle potenzialità non sfruttate del settore: “L’Italia dispone delle competenze e delle tecnologie per assumere un ruolo leader nella transizione circolare. Occorre sciogliere le contraddizioni del sistema. Senza strumenti che favoriscano l’uso delle materie prime derivanti dal riciclo, continueremo ad avere risultati elevati ma un’economia circolare solo dichiarata”. Chicco Testa, Presidente di Assoambiente, ribadisce la centralità industriale del riciclo: “Non è più solo un tema ambientale. Riguarda sicurezza delle risorse e decarbonizzazione. Servono regole stabili, fiscalità che premi gli investimenti, criteri End of Waste efficaci e una politica degli acquisti pubblici che favorisca i materiali riciclati”.

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