A un anno dalla drammatica crisi che aveva portato all’imposizione della legge marziale in Corea del Sud, il presidente ha rivolto un appello alla nazione chiedendo “unità e riconciliazione”. Nel suo discorso, trasmesso in diretta televisiva da Seoul, ha riconosciuto che “le cicatrici di quei giorni non si sono ancora rimarginate” e che la società resta divisa. La legge marziale, proclamata nel novembre 2024 in seguito a violente proteste contro la riforma della sicurezza nazionale, aveva comportato la sospensione di alcune libertà civili e l’impiego dell’esercito nelle strade. Centinaia di manifestanti furono arrestati e diversi episodi di scontro con le forze dell’ordine alimentarono tensioni interne e critiche internazionali. Il presidente ha sottolineato che il Paese deve “guardare avanti” e rafforzare la democrazia, promettendo nuove misure di trasparenza e dialogo con l’opposizione. Ha inoltre annunciato un piano di sostegno alle famiglie colpite dagli eventi e un’inchiesta parlamentare per chiarire eventuali abusi commessi durante l’emergenza. Nonostante l’appello, molti cittadini e organizzazioni civiche denunciano che le ferite restano profonde. Le associazioni per i diritti umani parlano di “trauma collettivo” e chiedono giustizia per le vittime delle repressioni. L’opposizione accusa il governo di voler “archiviare troppo in fretta” una pagina oscura della storia recente. Gli osservatori internazionali sottolineano che la Corea del Sud, pur restando una delle democrazie più solide dell’Asia, deve affrontare un difficile percorso di riconciliazione. La crisi della legge marziale ha messo in luce fragilità istituzionali e tensioni sociali che ancora oggi pesano sul clima politico. Il discorso presidenziale segna dunque un tentativo di ricucire il tessuto nazionale, ma la strada verso una piena guarigione appare lunga e complessa.
Corea del Sud, un anno dopo la legge marziale: il Presidente invoca unità
