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Indagine Ue sui fondi per i giovani diplomatici, Mogherini e Sannino fermati e rilasciati dopo gli interrogatori

mercoledì, 3 Dicembre 2025
2 minuti di lettura

Nella mattinata di ieri la Procura europea ha avviato una vasta operazione di polizia tra Bruxelles e Bruges per fare luce su presunte irregolarità nell’uso dei fondi Ue destinati ai programmi di formazione dei futuri diplomatici europei. Le verifiche hanno portato a perquisizioni negli uffici del Servizio europeo per l’azione esterna e nel campus del Collegio d Europa. Federica Mogherini, Stefano Sannino e Cesare Zegretti sono stati fermati per essere ascoltati dagli investigatori. Dopo ore di interrogatorio, nella notte i tre sono stati rilasciati poiché “non ritenuti a rischio di fuga”, ma restano formalmente indagati.
Secondo quanto comunicato dall’Eppo, le accuse contestate coincidono con quelle anticipate già ieri: frode e corruzione negli appalti pubblici, conflitto di interessi e violazione del segreto professionale. L’indagine riguarda l’assegnazione al Collegio d Europa, negli anni 2021 e 2022, di un programma di formazione di nove mesi finanziato dal Seae. Gli inquirenti vogliono chiarire se il Collegio o alcuni suoi rappresentanti siano stati informati in anticipo dei criteri di selezione, determinando un vantaggio competitivo e un possibile caso di favoritismo.
Il Collegio d Europa, guidato proprio da Mogherini, ha confermato in una nota di essere stato informato delle perquisizioni e ha assicurato piena collaborazione: l’istituto afferma di voler agire “nell’interesse della trasparenza e del rispetto del processo investigativo”, ribadendo di essere impegnato “a rispettare i più elevati standard di integrità, correttezza e conformità” e di avere già adottato “le misure necessarie per garantire la continuità” delle attività.
Prima del blitz di ieri, la Procura europea aveva richiesto e ottenuto la revoca delle immunità di diversi soggetti coinvolti, senza indicarne i nomi. Da Bruxelles un funzionario Ue ha confermato che il Seae era tra gli obiettivi dell’operazione, per “attività risalenti a mandati precedenti”, cioè anteriori all’arrivo di Kaja Kallas alla guida della diplomazia europea nel 2024.
La vicenda ha subito assunto anche una dimensione politica. Da Mosca la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha accusato l’Unione di doppi standard, sostenendo che Bruxelles “preferisce ignorare i propri problemi di corruzione” mentre “fa costantemente la predica agli altri”. Secondo Zakharova, nell’Unione “milioni di euro fluiscono attraverso i canali della corruzione verso Kiev”, un fenomeno che a suo dire “va avanti da anni ed è sotto gli occhi di tutti”.
A Bruxelles, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito il proprio approccio garantista: “Quando qualcuno viene liberato, perché non c’è ragione di tenerlo detenuto, è sempre un fatto positivo. Bisogna capire cosa sarà in grado di dimostrare l’accusa nei confronti di Federica Mogherini e Stefano Sannino. Una persona è innocente finché non è condannata definitivamente. Sono garantista per tutti”.
Nelle reazioni politiche interne, il senatore Pd Walter Verini ha espresso sorpresa per il clamore mediatico intorno alla vicenda: “Le notizie di ieri su Federica Mogherini mi avevano lasciato incredulo, avendola conosciuta come persona perbene e molto preparata. Certi titoli erano sconcertanti: condanna senza appello, gogna, demolizione preventiva. E sconcertanti anche perché in totale sintonia con le dichiarazioni diffuse dalla portavoce di Putin e dal regime di Orban contro Mogherini e contro l’Europa”. Ora che il fermo è stato revocato, dice Verini, ci si augura che l’indagine “dissipi ogni ombra e ogni sciacallaggio”.

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