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Cisgiordania, coloni incendiano la moschea di Hajja Hamida. L’Onu accusa Israele di tortura

Rubio teme ripercussioni sulla tregua a Gaza, mentre Netanyahu ribadisce: “Non esternalizzeremo la nostra sicurezza”. Hamas e Jihad: stasera consegneremo un altro corpo
venerdì, 14 Novembre 2025
3 minuti di lettura

Ieri notte un gruppo di coloni israeliani ha dato fuoco alla moschea di Hajja Hamida, tra i villaggi di Deir Istiya e Kafr Haris, in Cisgiordania. Le fiamme hanno distrutto copie del Corano e annerito i muri, sui quali sono comparse scritte contro arabi e musulmani ma anche insulti al capo del Comando centrale dell’Idf, il generale Avi Blot, che nei giorni scorsi aveva definito gli estremisti “criminali”. “Non abbiamo paura di Avi Blot”, recitava una delle frasi lasciate dai vandali.

Secondo fonti israeliane e palestinesi, gli abitanti del villaggio sono intervenuti per evitare che l’incendio si propagasse all’intero edificio. L’esercito e la polizia israeliana hanno aperto un’indagine con il coinvolgimento dello Shin Bet. L’Autorità nazionale palestinese ha condannato l’attacco parlando di “un evidente atto di razzismo” e “un nuovo crimine contro i luoghi sacri dell’Islam”. L’episodio arriva al culmine di settimane di violenze nella Cisgiordania occupata, dove gruppi di coloni hanno incendiato case e veicoli in villaggi come Beit Lid e Deir Sharaf. Decine di attacchi sono stati documentati sui social e denunciati anche da ufficiali israeliani.

Il comandante della brigata regionale dell’Idf, colonnello Ariel Gonen, ha scritto ai suoi soldati che “questa violenza è intollerabile e mina la sicurezza della regione”, invitandoli a intervenire per fermare ogni crimine di matrice nazionalista. Ieri anche il capo di Stato Maggiore Eyal Zamir ha condannato gli assalti, ma dal governo non è arrivata alcuna presa di posizione ufficiale. In questo quadro cresce anche il dissenso politico interno a Israele. L’ex premier Naftali Bennett ha definito l’accordo di tregua “Oslo sotto steroidi”, criticando il ruolo del Qatar come mediatore e chiedendo la pubblicazione delle concessioni fatte da Israele “alle spalle dei cittadini”.

Da parte sua, il segretario di Stato americano Marco Rubio, presente al G7 Esteri in Canada, ha espresso “forte preoccupazione” che le violenze dei coloni possano compromettere la tregua raggiunta a Gaza: “Spero di no, ma è chiaro che simili episodi rischiano di minare ciò che stiamo costruendo”.

Hamas e Jihad annunciano la consegna di un corpo

Intanto Hamas e la Jihad islamica hanno annunciato che in serata consegneranno a Israele il corpo di un ostaggio trovato a nord di Khan Yunis, non ancora identificato. Dei 28 ostaggi uccisi che Hamas si è impegnato a restituire nell’ambito dell’accordo di cessate il fuoco, 24 sono già stati riconsegnati.Sul fronte opposto, l’esercito israeliano ha comunicato l’arresto di circa quaranta membri di Hamas a Betlemme, accusati di pianificare attentati contro civili e militari.

Nella Striscia di Gaza sono stati segnalati nuovi raid israeliani su Khan Yunis e Beit Lahia, mentre nel sud del Libano l’Idf ha colpito depositi di armi e siti sotterranei di Hezbollah, denunciando “l’uso cinico dei civili come scudi umani”. Parallelamente, in un’intervista alla televisione australiana, il premier Benjamin Netanyahu ha respinto le indiscrezioni su un nuovo accordo di aiuti militari ventennale con gli Stati Uniti, sostenendo che l’obiettivo è “rafforzare l’industria della difesa nazionale e ridurre la dipendenza dagli alleati”. Ha criticato la scelta del presidente francese Emmanuel Macron di incontrare Mahmoud Abbas e ha ribadito che “la pace non può essere costruita sulla falsità”. Riguardo a Gaza ha affermato che Israele “non esternalizzerà mai la propria sicurezza”.

Onu: tortura e maltrattamenti

La tensione resta altissima anche sul piano politico. Da Ginevra, il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura ha accusato Israele di “una pratica sistematica e diffusa di tortura e maltrattamenti” nei confronti dei detenuti palestinesi, aggravata dopo il 7 ottobre 2023. Il relatore Peter Vedel Kessing ha parlato di pestaggi, scosse elettriche, privazioni di cibo e simulazioni di annegamento.

Accuse analoghe sono state rivolte a Hamas per le condizioni degli ostaggi israeliani. Le rivelazioni di Haaretz e della tv britannica ITV hanno inoltre riacceso il dibattito sul presunto uso di civili palestinesi come scudi umani da parte dell’esercito israeliano. Secondo fonti di intelligence americana citate dal quotidiano, Washington avrebbe raccolto prove di casi in cui i soldati obbligavano i civili a entrare nei tunnel di Gaza sospettati di contenere esplosivi.

L’appello di Pizzaballa

In questo contesto di tensione altissima, il patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa e il custode francescano Francesco Ielpo hanno lanciato un appello ai pellegrini cristiani di tutto il mondo a “tornare in Terra Santa”. “La guerra è finita, ha detto Pizzaballa, non siamo ancora nella pace, ma il pellegrinaggio è sicuro e necessario per mantenere viva questa presenza cristiana”.

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