Ieri Donald Trump ha ricevuto alla Casa Bianca Ahmad al Sharaa, il nuovo presidente siriano. È il primo incontro nella storia tra un capo di Stato degli Stati Uniti e un presidente della Siria. Alla vigilia dell’appuntamento Damasco ha fatto sapere di aver sventato due piani dell’Isis contro il leader, presentando l’evento come la svolta per l’ingresso formale della Siria nella coalizione anti Stato islamico.
Secondo fonti citate dalla stampa internazionale, Damasco avrebbe collaborato da mesi con l’esercito americano e punta ora alla rimozione di sanzioni e alla ricostruzione. Sul terreno però restano ombre pesanti, con un reportage della Bbc che documenta vendette e stragi contro minoranze alawite e druse nella Siria del dopo Assad. Parallelamente a Parigi Emmanuel Macron ha incontrato Mahmoud Abbas, ricevuto nei giorni scorsi a Roma da Mattarella, per discutere l’attuazione della tregua e una riforma profonda dell’Autorità nazionale palestinese, con l’obiettivo dichiarato di sicurezza, governance e ricostruzione.
Gli Emirati Arabi Uniti fanno sapere che non entreranno nella futura forza internazionale di stabilizzazione per Gaza in assenza di un quadro chiaro. Israele ribadisce che la Turchia non farà parte della missione. Sullo sfondo si muove l’Arabia Saudita. Riad conferma la linea. Normalizzazione solo se esisterà un percorso credibile verso uno Stato palestinese. Un segnale che rende difficile un rapido allargamento degli Accordi di Abramo.
Gaza e Cisgiordania
Intanto il dossier Gaza si muove lungo due binari. Da un lato la gestione della tregua in vigore da un mese, dall’altro la crisi aperta nei tunnel di Rafah. A Gerusalemme Benjamin Netanyahu ha visto i consiglieri della Casa Bianca Jared Kushner e Steve Witkoff. Al centro del colloquio la seconda fase dell’intesa, che nelle intenzioni israeliane deve prevedere disarmo di Hamas, smilitarizzazione della Striscia e ritorno degli ostaggi rimasti.
Resta il nodo dei circa duecento miliziani intrappolati sottoterra a Rafah. Tel Aviv fa sapere che ogni decisione sarà condivisa con Washington. Fonti israeliane parlano di forte pressione americana per una soluzione negoziata. Ankara si è accreditata come mediatore dopo aver facilitato la restituzione dei resti del tenente Hadar Goldin. Hamas assicura di voler rispettare la tregua e chiede l’apertura del valico. Parallelamente Israele ha chiesto la confisca delle barche della recente Flotilla pro Gaza, sostenendo che una parte della flotta sia di copertura a strutture legate a Hamas. Sul piano militare il Libano respinge l’idea di perquisizioni casa per casa nel sud, proposta che per i vertici militari rischierebbe di innescare nuove tensioni civili, mentre prosegue il lavoro per scoprire tunnel e arsenali.
In Cisgiordania è partita una esercitazione militare di tre giorni. Da Gaza l’agenzia Wafa denuncia demolizioni e nuovi bombardamenti su Gaza City e Khan Yunis. Un documentario britannico anticipato dal Guardian raccoglie testimonianze di soldati israeliani sul collasso delle regole d’ingaggio. L’opposizione interna al governo attacca. Yair Lapid definisce il ministro Itamar Ben Gvir un pericoloso fascista e accusa Netanyahu di avergli consegnato la guida della polizia nonostante precedenti e istigazioni.
Raid in Libano
L’Idf ha colpito nella valle della Bekaa e in diverse aree del sud del Libano, affermando di aver centrato siti di produzione e stoccaggio di armi di Hezbollah. In giornata un attacco contro un’auto vicino a Saida ha causato un morto. Sul piano interno, dopo quasi dieci anni di detenzione, Hannibal Gheddafi è in procinto di lasciare il Paese. La cauzione è stata versata e le procedure di rilascio sono state avviate.
Resta un caso che ha avvelenato i rapporti tra Beirut e Tripoli e che riporta al mistero della scomparsa dell’imam Moussa Sadr nel 1978. La partita libanese si gioca anche sul fronte finanziario. Una delegazione americana ha chiesto a Beirut azioni rapide contro il riciclaggio e la rete economica di Hezbollah, con l’indicazione di chiudere la finanziaria Al Qard al Hassan.
Nucleare iraniano
Da Teheran arrivano notizie sugli ispettori dell’Agenzia atomica delle Nazioni Unite che la scorsa settimana hanno visitato diversi impianti. Il tema nucleare resta un capitolo decisivo per gli equilibri regionali, anche alla luce del riassetto siriano e delle pressioni sul Libano.



