La tensione nucleare torna a salire dopo oltre trent’anni di silenzio. Il presidente statunitense Donald Trump ha ordinato la ripresa di test atomici: “Visti i test di altri Paesi, ho incaricato il dipartimento della Guerra di iniziare a testare le nostre armi nucleari su base paritaria”, ha scritto sul suo social Truth. “Gli Stati Uniti hanno più armi nucleari di qualsiasi altro Paese e le hanno completamente ammodernate durante il mio primo mandato”. Da Mosca, Vladimir Putin ha minacciato “misure di risposta adeguate” se Washington darà seguito all’ordine. Il presidente russo ha incaricato ministeri e servizi di sicurezza di preparare proposte per l’eventuale ripresa dei test, interrompendo la moratoria che dura dal 1990. Il ministro della Difesa Andrei Belousov ha già indicato Novaya Zemlya, nell’Artico, come sito pronto a ospitare nuove esplosioni sperimentali. La Russia, ha ricordato Putin, ha sempre rispettato il Trattato sulla messa al bando totale dei test nucleari, ma “se gli Stati Uniti o qualsiasi altra potenza procederanno, anche noi lo faremo”. L’ultimo test americano risale al 1992.
Sul fronte ucraino, la guerra continua con violenza. Dopo giorni di combattimenti, il 425esimo reggimento d’assalto Skelia ha annunciato di aver issato la bandiera ucraina sull’edificio del consiglio comunale di Pokrovsk, nella regione di Donetsk. La città resta però al centro di scontri sanguinosi: Mosca stringe l’assedio e analisti ucraini avvertono che un’eventuale caduta di Pokrovsk rappresenterebbe la più grave perdita per Kiev degli ultimi mesi. Zelensky ha elogiato “tutte le brigate che difendono la regione” e ha visitato il quartier generale a pochi chilometri dalla linea del fronte.
La notte è stata segnata da un fitto scambio di attacchi con droni. L’Aeronautica ucraina ha segnalato ondate di Shahed russi su diverse regioni, tra cui Dnipropetrovsk, Kiev e Zaporizhzhia. Otto persone sono rimaste ferite a Kamianske e numerosi incendi hanno devastato la città. Mosca ha rivendicato l’abbattimento di 75 droni ucraini, di cui 49 nella regione di Volgograd, ma ha confermato almeno un morto e danni a una raffineria colpita da un raid di Kiev.
Secondo Reuters, proprio a Volgograd e nel vicino porto di Tuapse gli attacchi ucraini avrebbero provocato gravi interruzioni alla produzione di carburante. La raffineria locale, controllata da Rosneft, ha sospeso la lavorazione del greggio e le esportazioni dal porto del Mar Nero sono state interrotte. Tre petroliere, in fase di carico di nafta e diesel, sono state allontanate dagli ormeggi.
Da parte russa, il Servizio di intelligence estero (Svr) ha accusato l’Occidente di “prepararsi a incolpare Mosca” per un possibile incidente alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, ipotizzando “un sabotaggio destinato a influenzare l’opinione pubblica europea”.
Intanto la Nato rilancia la propria corsa industriale. “Prima la Russia produceva più munizioni di tutti gli alleati messi insieme, ma ora non più”, ha dichiarato il segretario generale Mark Rutte al forum di Bucarest. “Abbiamo aperto decine di nuove linee di produzione e stiamo invertendo la tendenza”.



