Le Forze di Supporto Rapido (RSF), gruppo paramilitare in guerra con l’esercito regolare sudanese dal 2023, hanno rivendicato il controllo di una guarnigione militare strategica nella regione del Darfur settentrionale. Lo ha annunciato sabato sera il portavoce delle RSF, dichiarando che “la base di Al Fashir è ora sotto il nostro comando operativo”. La guarnigione, situata nella città di Al Fashir, rappresenta l’ultimo avamposto militare rilevante ancora in mano all’esercito nella vasta regione occidentale del Sudan. Secondo fonti locali, le RSF avrebbero condotto tre attacchi coordinati tra il 7 e il 9 ottobre, colpendo anche una moschea nel quartiere di Abu Shouk e provocando almeno 33 vittime civili. La presa della guarnigione segna un punto di svolta nel conflitto, che ha già causato migliaia di morti e oltre 260.000 sfollati solo ad Al Fashir. Le RSF, guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo (detto Hemedti), hanno intensificato le operazioni militari e costruito un muro di 30 chilometri attorno alla città, isolando di fatto la popolazione. Il governo sudanese non ha ancora confermato la perdita della base, ma fonti dell’ONU parlano di “blocco totale degli aiuti umanitari” nella zona, con gravi rischi di carestia. La Sala di Risposta alle Emergenze locale ha denunciato esecuzioni sommarie e attacchi diretti ai campi profughi, aggravando la già drammatica situazione. La comunità internazionale osserva con crescente allarme. L’Unione Africana ha chiesto un cessate il fuoco immediato, mentre le Nazioni Unite denunciano violazioni sistematiche dei diritti umani. Intanto, le RSF hanno annunciato la formazione di un governo parallelo nel Darfur, consolidando una struttura di potere alternativa a quella ufficiale. Con la guarnigione di Al Fashir ora sotto controllo paramilitare, il conflitto sudanese entra in una nuova fase: più frammentata, più violenta, e sempre più lontana da una soluzione diplomatica.



