Ieri Volodymyr Zelensky è arrivato a Downing Street, accolto da Keir Starmer, per la riunione della Coalizione dei “volenterosi”. Il premier britannico ha chiesto di rafforzare le capacità a lungo raggio di Kiev e di sbloccare gli asset russi congelati per finanziare la difesa ucraina. “Putin non fa sul serio: va aumentata la pressione”, ha detto, annunciando un appello coordinato agli alleati.
Nel Regno Unito Zelensky ha incontrato anche re Carlo III al castello di Windsor, terzo faccia a faccia dell’anno. Dalla Turchia, Recep Tayyip Erdoğan offre Ankara come sede per un eventuale summit USA–Russia: “Qualsiasi dialogo è utile per fermare la guerra”. Mosca intanto segnala disponibilità a cooperare con Teheran su dossier regionali, mentre da Pyongyang Kim Jong-un celebra i legami militari con la Russia e avvia un memoriale per i nordcoreani caduti in Ucraina.
Parallelamente a Miami è previsto l’incontro tra Kirill Dmitriev, capo del fondo sovrano russo RDIF e inviato speciale del Cremlino, e l’emissario USA Steve Witkoff. Il faccia a faccia arriva dopo l’annullamento del vertice Trump–Putin ventilato a Budapest e il nuovo pacchetto di sanzioni americane che colpisce Rosneft e Lukoil. Da Budapest, il premier ungherese Viktor Orbán insiste: il summit di pace “si farà”, ma la data resta incerta; il ministro degli Esteri Szijjártó accusa i “media liberal” di sabotaggio e definisce Trump “l’unica speranza di pace”.
Asset e sanzioni
Intanto il tema degli asset russi resta divisivo nell’UE: Ursula von der Leyen parla di dossier “complesso” e di un possibile “prestito di riparazione” da costruire; il Belgio avverte ritorsioni da Mosca; l’Ungheria mette “profonde riserve” politiche e giuridiche. Dall’Italia, Antonio Tajani invita alla prudenza: senza base legale “si rischia di fare un favore a Putin”. Intanto il Kirghizistan protesta per l’inclusione di banche locali nell’ultimo pacchetto europeo e chiede un confronto tecnico.
Il Cremlino dice di “analizzare” le misure occidentali e contesta che il vertice sia stato cancellato perché “mai concordato”. La governatrice della banca centrale russa Elvira Nabiullina riconosce l’impatto come “fattore esterno negativo” ma rimanda le valutazioni sui tassi, mentre la stessa banca ha abbassato il riferimento al 16,5%, segnalando rallentamento della crescita e inflazione più persistente. In Europa, Eni giudica “non rilevante” al momento l’effetto diretto delle sanzioni su Rosneft e Lukoil, ma Orbán ammette che Budapest sta “lavorando su come aggirarle” per proteggere le forniture via Druzhba.
Guerra dei droni
La pressione militare non cala. Secondo Mosca, nella notte sono stati intercettati 111 droni ucraini in più regioni russe; da Belgorod si riportano 21 feriti civili. Kiev denuncia nuovi bombardamenti su Kherson (almeno due morti e 19 feriti). A Ovruch, a otto chilometri dalla Bielorussia, un 23enne ha fatto esplodere un ordigno durante un controllo della Guardia di frontiera: quattro i morti, inclusi l’attentatore e due agenti. Sullo sfondo, l’UE ammette il gap tecnologico: per il commissario Andrius Kubilius mancano capacità economiche e strumenti sostenibili per individuare e neutralizzare i droni russi.
Sul terreno informativo continuano le versioni contrapposte: Mosca rivendica un raid su un centro di addestramento di “volontari stranieri” nella regione di Chernihiv; da Vilnius si denunciano violazioni russe dello spazio aereo e si sollecita la piena attuazione della difesa aerea a rotazione NATO. A Washington, un’iniziativa al Senato per designare la Russia “stato sponsor del terrorismo” irrigidisce i toni: per la portavoce Zakharova minerebbe il dialogo anche su pratiche umanitarie sensibili, come le riunificazioni familiari.
Il quadro che va a Miami
All’appuntamento di oggi tra Dmitriev e Witkoff si arriva dunque con quattro linee che si intrecciano: pressioni sanzionatorie in cerca di effettività, sforzo europeo per una base legale sugli asset, vulnerabilità occidentali nella guerra dei droni, e un canale diplomatico che resiste tra rinvii e veti incrociati. Zelensky, dal canto suo, richiama l’allarme umanitario: gli attacchi mirati alle infrastrutture energetiche stanno “spingendo l’Ucraina verso un disastro”. La “partita” che si apre in Florida dirà se, al netto delle posture, esiste ancora margine per trasformare i contatti esplorativi in un percorso negoziale reale.



