Nuova notte di terrore in Ucraina. Almeno sei civili uccisi e blackout a macchia di leopardo in tutto il Paese dopo la nuova ondata di raid russi della notte tra martedì e mercoledì: Kiev e diverse regioni sono state bersagliate da droni e missili, con due morti nella capitale e bimbi feriti a Kharkiv, dove un asilo privato è stato colpito. Il ministro dell’Energia Hrynchuk parla di una campagna “metodica” contro la rete elettrica e denuncia attacchi anche alle squadre di riparazione già al lavoro “dove la sicurezza lo consente”.
Sul fronte militare, Kiev rivendica colpi in profondità: una fabbrica di munizioni in Mordovia, una raffineria in Daghestan e soprattutto l’impianto chimico di Bryansk, definito “struttura chiave” per l’industria bellica russa, raggiunto in un’azione combinata che avrebbe incluso missili Storm Shadow. Mosca, dal canto suo, annuncia “voli di routine” di bombardieri Tu-22M3 sul Baltico e fa sapere che impiegherà riservisti per proteggere infrastrutture critiche dalle incursioni ucraine. Nella regione di Zaporizhzhia si contano almeno 13 feriti dopo i raid notturni.
Zelensky apre al congelamento del fronte
Sul terreno diplomatico la giornata segna un passaggio non secondario: Volodymyr Zelensky, in tour nordico, definisce l’ipotesi di congelare le attuali linee del fronte un “buon compromesso” in linea con l’invito di Donald Trump, pur chiarendo di non credere che Vladimir Putin lo accetterà. Da Washington, intanto, il segretario generale della Nato Mark Rutte, dopo un incontro bipartisan al Senato, dice di avere “totale fiducia” in Trump: “È l’unico che può farcela” a chiudere la guerra, e la sua visita – insiste – non è legata al rinvio del ventilato vertice con Putin a Budapest.
Il Cremlino parla di “voci infondate” e sostiene che i preparativi proseguono senza scadenze fissate; Budapest conferma contatti in corso ma ammette che la data è incerta. Con Zelensky ieri in Svezia, arriva l’annuncio politico-industriale più pesante: firmata una lettera d’intenti con il premier Ulf Kristersson per 100-150 caccia Gripen E destinati a costituire, nel tempo, una nuova aeronautica ucraina. Prime consegne non prima di circa tre anni, ha precisato il capo del governo svedese: un programma di lungo periodo, complementare all’arrivo degli F-16.
Asset russi congelati
Sul versante europeo resta irrisolto il nodo degli asset russi congelati: a livello di ambasciatori manca il consenso sull’architettura del “prestito di riparazione” a Kiev – pesano le cautele del Belgio, che custodisce gran parte dei fondi, e la richiesta ucraina di non vincolare le risorse ad acquisti esclusivamente europei. In vista del Consiglio europeo di domani, a cui Zelensky sarà presente, circola l’ipotesi di conclusioni “a 26” senza la firma dell’Ungheria; la Slovacchia di Robert Fico fa sapere di essere pronta a dire sì al 19° pacchetto di sanzioni se saranno recepite alcune sue richieste su energia e automotive. Da Strasburgo, intanto, il Parlamento Ue chiede di congelare l’adesione della Serbia finché Belgrado non si allineerà alle sanzioni contro Mosca.
Russia: stretta sul dissenso e tensioni ai confini
Nel quadro interno russo, fa rumore la decisione dell’Ong “Nasiliyu Net – No alla violenza” di chiudere a causa dell’inasprimento della legge sugli “agenti stranieri”, ulteriore stretta sullo spazio civico. Sullo scacchiere regionale, la Lituania ha chiuso i valichi con la Bielorussia e sospeso i voli su Vilnius per l’intrusione di palloni usati dai contrabbandieri.
Inverno alle porte
Dall’energia alla difesa, la pressione cresce su entrambi i lati: Kiev sollecita nuove batterie antiaeree, unità mobili di generazione e fondi rapidi “prima dell’inverno”; Mosca rivendica test di prontezza e protezioni interne. Ma è l’immagine dell’asilo colpito a Kharkiv a congelare, più di ogni bozza negoziale, l’idea che si possa parlare di pace senza prima fermare il fuoco: “Banditi e terroristi si fermano solo con la forza”, ha detto Zelensky. Anche per questo, in Europa come a Washington, il dibattito su cessate il fuoco, sanzioni e beni russi entra oggi nella sua fase più concreta. Domani i leader Ue dovranno scegliere se trasformare gli slogan – “pressione sulla Russia, sostegno duraturo all’Ucraina” – in decisioni operative e finanziariamente robuste.