L’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton è stato formalmente incriminato da un gran giurì federale del Maryland per la presunta gestione illecita di documenti classificati. La notizia, confermata da fonti giudiziarie e riportata da Bloomberg e Politico, segna un nuovo capitolo nella lunga serie di procedimenti che coinvolgono figure chiave dell’amministrazione Trump. Secondo l’atto d’accusa, Bolton avrebbe trasmesso a terzi oltre mille pagine di appunti contenenti informazioni sensibili, tra cui dettagli su operazioni militari, intelligence e diplomazia internazionale. I documenti, descritti come “annotazioni in stile diario”, sarebbero stati condivisi con due collaboratori non autorizzati durante il suo mandato alla Casa Bianca e conservati illegalmente nella sua abitazione dopo la fine dell’incarico. Il Dipartimento di Giustizia ha confermato che l’indagine è partita da una perquisizione effettuata lo scorso agosto, durante la quale l’FBI ha sequestrato materiale etichettato come “Top Secret” e “Confidenziale”. Bolton, che nel tempo è diventato uno dei più feroci critici di Trump, ha negato ogni addebito e ha definito l’inchiesta “una manovra politica orchestrata per intimidire chi dissente”. La Casa Bianca non ha rilasciato commenti ufficiali, ma l’incriminazione di Bolton arriva dopo quelle dell’ex direttore dell’FBI James Comey e della procuratrice generale di New York Letitia James, entrambi considerati “nemici” dal presidente Trump. Alcuni analisti parlano di una strategia di pressione giudiziaria contro gli oppositori interni, mentre altri sottolineano la gravità delle accuse e la necessità di tutelare la sicurezza nazionale. Bolton rischia fino a vent’anni di carcere se condannato per tutti i capi d’imputazione. Il processo, che si preannuncia lungo e complesso, potrebbe avere ripercussioni significative sul dibattito politico americano, già polarizzato in vista delle elezioni presidenziali.
