Cinque palestinesi sono stati uccisi questa mattina a Gaza City dalle Forze di difesa israeliane (Idf), dopo essersi avvicinati alle truppe nel quartiere orientale di Shejaiya. L’esercito afferma che avevano oltrepassato la cosiddetta “linea gialla”, l’area di sicurezza istituita dopo il cessate il fuoco con Hamas. Secondo quanto riportato dal Times of Israel, le truppe avrebbero tentato di disperdere i sospetti prima di aprire il fuoco “per eliminare la minaccia”. L’Idf smentisce che vi sia stata un’infiltrazione in basi militari, ma invita i residenti “a non avvicinarsi alle forze dispiegate nella zona”. Hamas, invece, parla di “violazione dell’accordo di Sharm el-Sheikh”. Inoltre Al Jazeera riferisce di violenti scontri a est di Jabalia, dove si affronterebbero milizie locali e gruppi armati sostenuti da Israele. Intanto a Gaza City Hamas ha iniziato a dispiegare combattenti e polizia per riaffermare la propria autorità nella Striscia. Secondo il Guardian, si registrano episodi di violenza interna e regolamenti di conti contro presunti “collaboratori”, segno delle difficoltà del movimento islamista a mantenere il controllo dopo la tregua. In questo quadro, Israele ha restituito le salme di soli quattro ostaggi su ventotto. Le famiglie dei dispersi parlano di “abbandono” e chiedono chiarezza sul destino dei propri cari. Da parte sua, il presidente Trump a bordo dell’Air Force One, ha evitato di prendere posizione sulla soluzione “a uno o due Stati”. “Molti preferiscono la soluzione unica, altri quella a due Stati — ha detto —. Vedremo. Ora parliamo della ricostruzione di Gaza, non di confini o governi”.
L’Anp si propone per la gestione di Gaza
Hussein al-Sheikh, vice capo dell’Olp, ha dichiarato su X che l’Autorità nazionale palestinese è pronta a collaborare con Donald Trump e Tony Blair “per consolidare la tregua, favorire gli aiuti e avviare la ricostruzione”. Secondo il piano americano, Gaza verrebbe inizialmente amministrata da un “comitato tecnico” supervisionato da un organismo internazionale presieduto da Trump e Blair, mentre l’Anp assumerebbe il controllo solo dopo riforme interne.
Ben-Gvir riaccende la tensione a Gerusalemme
A complicare ulteriormente il quadro, la visita non annunciata del ministro israeliano della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir e dell’attivista ultranazionalista Bentzi Gopstein sulla Spianata delle Moschee. L’iniziativa, riportata da Haaretz, è stata condannata dai rappresentanti palestinesi, che la considerano una provocazione. Il complesso di Al Aqsa, terzo luogo sacro dell’Islam, rimane uno dei principali focolai di tensione tra israeliani e palestinesi, e la presenza di Ben-Gvir insieme al fondatore del movimento estremista Lehava è stata interpretata da analisti israeliani come un gesto politico volto a rafforzare il legame del governo con i gruppi ultranazionalisti religiosi.