Quattrocento camion carichi di generi di prima necessità hanno superato questa mattina i valichi di Rafah, Kerem Shalom e, per la prima volta da marzo, quello di Al-Awja, diretti verso la Striscia di Gaza. L’ingresso dei convogli segna l’avvio concreto dell’accordo di cessate il fuoco approvato ieri notte dal governo israeliano, preludio al rilascio degli ostaggi che comincerà domani mattina. Secondo il coordinatore per gli affari degli ostaggi, Gal Hirsch, i preparativi per il rimpatrio dei rapiti ancora in vita – venti in tutto, su quarantotto complessivi – sono completati. “Sono pronti i centri di accoglienza nei campi di Reim e negli ospedali israeliani”, ha spiegato Hirsch, aggiungendo che anche le salme dei 28 ostaggi morti saranno restituite “in modo rispettoso” all’Istituto di Medicina legale.
L’intesa, raggiunta a Sharm el-Sheikh sotto la mediazione di Donald Trump e del presidente egiziano Al Sisi, prevede la liberazione di 250 ergastolani palestinesi e di circa 1.700 detenuti di Gaza, in cambio della restituzione degli ostaggi israeliani e della cessazione dei combattimenti. Domani la firma ufficiale dell’accordo, alla presenza di una ventina di leader internazionali, tra cui Giorgia Meloni, Emmanuel Macron e António Costa per l’Unione europea.
I festeggiamenti
A Tel Aviv, nella “piazza degli ostaggi”, centinaia di migliaia di persone hanno festeggiato per tutta la notte. Sul palco sono saliti gli inviati di Trump, Steve Witkoff e Jared Kushner. “State tornando a casa”, ha detto Witkoff rivolgendosi ai prigionieri israeliani, mentre un’ondata di fischi ha accompagnato il nome del premier Benjamin Netanyahu, accusato da molti familiari di aver agito troppo tardi.
Nel suo intervento, Netanyahu ha difeso l’intesa, sottolineando che Israele “sta per ottenere il ritorno di tutti gli ostaggi, vivi e morti”, e ringraziando il presidente Trump per “lo straordinario aiuto” nella mediazione. L’approvazione in gabinetto è arrivata nonostante l’opposizione dei ministri della destra radicale, tra cui Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich.
Nel frattempo, a Qatana, nei pressi del muro che separa Israele dalla Cisgiordania, la famiglia Shamasneh attende la liberazione di due figli incarcerati da 34 anni. “Oggi sono così felice che il mondo mi sembra troppo piccolo per contenere la mia gioia”, ha detto l’anziana madre Halima, con i nipoti che si preparano ad abbracciare per la prima volta il nonno.
Mentre a Gaza si attende l’arrivo dei 600 camion di aiuti promessi ogni giorno, Hamas ha richiamato 7mila miliziani per evitare scontri fra fazioni interne, ribadendo il rifiuto del disarmo. Ma la tregua, almeno per ora, sembra tenere.