Ieri il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha parlato di messaggi “molto incoraggianti” dai mediatori riuniti a Sharm el-Sheikh per un cessate il fuoco a Gaza. Delegazioni di Qatar, Egitto e inviati di Donald Trump riferiscono progressi su scambio di ostaggi e prigionieri, ritiro graduale dell’Idf, ricostruzione e avvio di un percorso politico verso lo Stato palestinese. Al-Sisi ha invitato Trump a partecipare in Egitto alla firma dell’eventuale accordo. Dai tavoli indiretti con Israele, Hamas parla di “clima di ottimismo”.
Taher al-Nounou conferma lo scambio delle liste di detenuti e ostaggi e ribadisce l’architettura del piano americano presentato il 29 settembre: tregua, ritiro scaglionato, disarmo del movimento. Su quest’ultimo punto, i vertici di Hamas chiedono garanzie sul ritiro israeliano e, secondo indiscrezioni di stampa internazionale, includono richieste sensibili (tra cui corpi dei leader uccisi e liberazione di prigionieri pesanti) in cambio dei 48 ostaggi israeliani ancora in mano, di cui solo una parte sarebbe in vita.
A Sharm sono arrivati anche Steve Witkoff e Jared Kushner per seguire il negoziato “fino all’intesa”, mentre il premier del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani domanda garanzie scritte sul rispetto degli impegni. Sul terreno simbolico, Itamar Ben-Gvir è tornato ieri sulla Spianata delle Moschee rivendicando “vittoria” e proprietà del Monte del Tempio, mentre a nord della Cisgiordania il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, alla marcia per i 50 anni degli insediamenti in Samaria, rilancia l’obiettivo di “applicare la sovranità israeliana” sull’area. Da parte sua Recep Tayyip Erdogan definisce Sharm “di importanza fondamentale”, afferma che Hamas “ha risposto in modo molto positivo” e chiede lo stop immediato agli attacchi israeliani. Parallelamente, Ankara denuncia come “pirateria” l’abbordaggio israeliano della nuova flottiglia umanitaria diretta a Gaza.
Flotilla fermata in acque internazionali
All’alba di ieri la marina israeliana ha bloccato le barche della seconda missione organizzata dalla Freedom Flotilla Coalition e da Thousand Madleens, a circa 140 miglia da Gaza. Le immagini in diretta hanno mostrato l’irruzione di uomini armati a bordo e la distruzione della telecamera. Sono stati fermati circa 150 attivisti, tra cui una decina di italiani: per loro è attesa l’espulsione. La Farnesina segue il caso: Antonio Tajani ha assicurato “tutta l’assistenza consolare necessaria” e chiesto a Israele il rispetto dei diritti individuali fino al rimpatrio. Il Coordinamento italiano esprime “profonda preoccupazione” per la sicurezza dei partecipanti e invoca un intervento immediato delle autorità italiane. La Coalition parla di “deliberata escalation israeliana” dopo gli abbordaggi della scorsa settimana alla Global Sumud Flotilla e chiede la fine del blocco di Gaza, il rilascio dei volontari e la consegna diretta degli aiuti ai palestinesi.
Oggi vertice a Parigi
Oggi a Parigi ministri degli Esteri europei e arabi discuteranno il “day after” della guerra: forza internazionale di stabilizzazione, governance transitoria di Gaza, aiuti e ricostruzione, disarmo di Hamas, sostegno all’ANP e alle forze di sicurezza palestinesi. Il formato si inserisce nell’iniziativa franco-saudita culminata nella Dichiarazione di New York e, secondo Parigi, ha “facilitato l’adozione del piano americano”. Attesa la partecipazione, tra gli altri, di Francia, Germania, Spagna, Italia, Regno Unito, Egitto, Qatar, Emirati, Giordania, oltre a Indonesia, Canada e Turchia.
Pressioni Usa su droni e dossier Qatar
Sul fronte delle reti di approvvigionamento, Washington inserirà 15 aziende cinesi (e altre in Turchia ed Emirati) nella Entity List per componenti finiti in droni usati da proxy iraniani come Houthi e Hamas. Intanto emergono ricostruzioni sul ruolo della Casa Bianca — con mediazione qatariota — nel testo delle scuse che Benjamin Netanyahu avrebbe rivolto a Doha dopo un fallito attacco aereo del 9 settembre contro la leadership politica di Hamas in Qatar: un episodio che si intreccia con la spinta americana a chiudere la guerra.