Dopo l’attacco alla sinagoga di Heaton Park, che ha provocato tre morti e diversi feriti durante lo Yom Kippur, le autorità britanniche hanno annunciato il dispiegamento di centinaia di agenti aggiuntivi a Manchester e in altre città sensibili. L’obiettivo, secondo il premier Keir Starmer, è “rassicurare le comunità ebraiche e prevenire ulteriori episodi di violenza”. La decisione è arrivata al termine di una riunione d’emergenza del comitato COBRA, convocata a Londra poche ore dopo l’attacco. Il sindaco Andy Burnham ha confermato che la Greater Manchester Police ha ricevuto rinforzi da altre contee, con pattuglie visibili nei pressi di sinagoghe, scuole religiose e centri comunitari. “La presenza sarà discreta ma costante”, ha dichiarato, “perché la sicurezza non deve mai trasformarsi in intimidazione”. Il gesto è stato accolto con sollievo ma anche con cautela. Alcuni leader religiosi hanno chiesto che la protezione non si limiti alla comunità ebraica, ma venga estesa a tutti i luoghi di culto e aggregazione. “La paura non ha confini confessionali”, ha detto il rabbino capo Ephraim Mirvis, “e la risposta deve essere inclusiva”. Intanto, le indagini sull’attentato proseguono. L’aggressore, un cittadino britannico di origini siriane, è stato ucciso dalla polizia, ma restano aperti interrogativi sulla sua radicalizzazione e sui possibili complici. Tre persone sono state arrestate, mentre Scotland Yard ha elevato il livello di allerta nazionale. Il rafforzamento della sorveglianza non riguarda solo Manchester: anche Londra, Birmingham e Leeds hanno visto un aumento delle pattuglie. Il governo ha promesso fondi straordinari per la sicurezza urbana, ma le opposizioni chiedono trasparenza e un piano di lungo periodo. In una città ferita ma resiliente, la sfida è duplice: proteggere senza militarizzare, rassicurare senza alimentare la paura.
