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Carri armati dell’Idf entrano a Gaza City. Onu: “Genocidio”. Evacuati in 350mila, proteste dei familiari degli ostaggi

Indignazione della comunità internazionale. Papa Leone telefona alla Sacra Famiglia a Gaza
mercoledì, 17 Settembre 2025
3 minuti di lettura

L’invasione di terra su Gaza City è diventata realtà: carri e unità corazzate dell’Idf hanno varcato i principali ingressi urbani, accompagnati da massicci bombardamenti. Tel Aviv parla di “fase principale del piano”, con l’obiettivo dichiarato di “prendere il controllo della roccaforte di Hamas”.

Secondo fonti militari israeliane, le truppe stanno avanzando verso il centro cittadino e controllerebbero circa il 40% dell’area urbana; nell’area opererebbero fra i 2.000 e i 3.000 miliziani di Hamas. L’Idf ha invitato i civili a lasciare la città “attraverso la Rashid Street verso sud”.

Nella notte e nella mattinata di ieri, esplosioni potentissime sono state udite fino a Tel Aviv: l’esercito ha confermato l’uso, in alcune periferie, di vecchi M113 telecomandati, riempiti di esplosivo, per aprire varchi e far saltare infrastrutture e segmenti della rete di tunnel. L’Idf stima che oltre 350.000 persone abbiano già evacuato Gaza City; la strada costiera al-Rashid è stata bloccata per ore da colonne di sfollati diretti verso le aree meridionali e la “zona umanitaria” di al-Mawasi.

L’Autorità nazionale palestinese denuncia il rischio di “trasformare Gaza City in una fossa comune” e invoca un intervento internazionale “urgente ed eccezionale” a protezione dei civili. Il capo degli aiuti Onu Tom Fletcher avverte che, senza un cambio di rotta, entro fine mese la carestia colpirà oltre 640.000 persone; un terzo dei centri per la malnutrizione in città risulta chiuso per gli ordini di evacuazione. Ieri la relatrice speciale Francesca Albanese ha stimato 65.000 morti “accertati”, ipotizzando un numero reale “anche dieci volte superiore”.

Ultimatum a Hamas

Sul piano politico-militare, il ministro della Difesa Israel Katz ha ribadito che, se Hamas non rilascerà gli ostaggi e non deporrà le armi, “Gaza sarà distrutta”: “Da Hamas servono due cose che non darà volontariamente: liberare tutti gli ostaggi e disarmarsi”. Le parole accendono lo scontro diplomatico.

Da Londra, la ministra degli Esteri Yvette Cooper bolla l’offensiva come “totalmente irresponsabile e terribile”, chiedendo un cessate il fuoco “immediato”.

Berlino parla per bocca del ministro Johann Wadephul di scelta “completamente sbagliata” e sollecita la ripresa dei negoziati su tregua e rilascio.

La Commissione europea, tramite il portavoce Anouar El Anouni, avverte che un’ulteriore intensificazione porterà “più distruzione, più morti, più sfollamenti” e metterà in pericolo anche la vita degli ostaggi.

In Italia, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ribadisce la contrarietà a un’offensiva “che espone i civili a rischi gravissimi”, chiedendo di “accelerare verso cessate il fuoco e liberazione senza condizioni”.

Accuse di genocidio dall’Onu

Le accuse più pesanti arrivano dall’Onu: la commissione d’inchiesta indipendente guidata da Navi Pillay afferma di aver concluso che nella Striscia sia in corso “un genocidio” con “intenzione di distruggere” i palestinesi. Israele respinge il rapporto definendolo “parziale”, sostenendo che si basi su “falsità di Hamas riciclate”, e ne contesta la legittimità. Medici senza frontiere alza la voce: per il segretario generale Christopher Lockyear, “non è solo una catastrofe umanitaria, è la distruzione sistematica di un popolo”, con persone “condannate a morte” se restano e “bombardate” se fuggono.

Familiari degli ostaggi in rivolta

La crisi degli ostaggi pesa sul governo Netanyahu. L’Hostages and Missing Families Forum dichiara lo “stato di emergenza” e allestisce un accampamento sotto l’abitazione del premier a Gerusalemme, annunciando sit-in serali finché “non sarà attuata la volontà del popolo: ritorno di tutti gli ostaggi e fine della guerra”.

Qatar unico mediatore possibile

Sul fronte della mediazione, dagli Stati Uniti arriva un duplice messaggio. Il segretario di Stato Marco Rubio sostiene che “solo il Qatar” abbia oggi la capacità di mediare con Hamas, e anticipa che Washington e Doha sono “prossimi a finalizzare” un accordo rafforzato di cooperazione in materia di difesa. Resta da capire se l’attacco israeliano in territorio qatariota di una settimana fa inciderà sulla disponibilità dell’emirato a proseguire il ruolo di intermediario.

L’appello del Papa

Da Roma a Gaza, intanto, si moltiplicano gesti e appelli simbolici. Papa Leone ha telefonato alla parrocchia della Sacra Famiglia: al parroco, padre Gabriel Romanelli, ha espresso “preoccupazione, preghiera e vicinanza”. La missione continua a distribuire cibo, acqua e medicinali ai 450 rifugiati e ai residenti del quartiere; l’oratorio resta aperto per bambini e ragazzi, sebbene i combattimenti si stiano avvicinando.

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