Lunedì pomeriggio, una gigantesca muraglia di sabbia ha travolto l’area metropolitana di Phoenix, in Arizona, lasciando 39.000 persone senza elettricità e paralizzando il traffico aereo per ore. Il fenomeno, noto come haboob, ha oscurato il cielo, abbattuto alberi e costretto gli automobilisti a fermarsi lungo le autostrade, con una visibilità ridotta a meno di 400 metri. Ma cos’è esattamente un haboob? Il termine, di origine araba, indica una tempesta di polvere e sabbia causata da forti correnti discendenti associate ai temporali. Quando l’aria fredda e densa precipita dal fronte temporalesco, solleva dal terreno arido enormi quantità di polvere, creando un muro mobile che può estendersi per decine di chilometri e raggiungere altezze di centinaia di metri. Questi eventi sono comuni nelle regioni desertiche, come il sud-ovest degli Stati Uniti, il Sahara, l’Australia e il Medio Oriente. In Arizona, gli haboob si verificano soprattutto durante la stagione dei monsoni estivi, quando l’instabilità atmosferica è più accentuata. Il passaggio di un haboob è rapido e spettacolare: il cielo si oscura in pochi minuti, la temperatura cala bruscamente e il vento può raggiungere i 100 km/h. In alcuni casi, la pioggia evaporando prima di toccare terra (fenomeno noto come virga) raffredda ulteriormente l’aria, intensificando la tempesta. L’evento di Phoenix ha causato ritardi fino a 90 minuti all’aeroporto internazionale Sky Harbor, mentre i residenti hanno condiviso immagini impressionanti sui social: palazzi inghiottiti dalla sabbia, semafori spenti e strade trasformate in paesaggi lunari. Gli esperti avvertono che, con l’aumento delle temperature globali e la desertificazione, gli haboob potrebbero diventare più frequenti e intensi. Non solo spettacolari, ma anche pericolosi, questi fenomeni ci ricordano quanto il clima possa cambiare improvvisamente — e quanto sia urgente comprenderlo.
