Il monito è senza mediazioni e appelli, per Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz: “Le porte dell’inferno si apriranno sulle teste degli assassini e degli stupratori di Hamas a Gaza, finché non accetteranno le condizioni israeliane per porre fine alla guerra, in primo luogo il rilascio di tutti gli ostaggi e il loro disarmo”.
Il ministro Katz ha affermato di aver approvato i piani dell’esercito (Idf) per “sconfiggere Hamas”, che comprendono l’invasione di Gaza City con una nuova offensiva, e ha promesso di distruggere la città se Hamas non accetterà di disarmarsi, rilasciare tutti gli ostaggi rimasti nel territorio e porre fine alla guerra alle condizioni di Israele. “Se non accettano, Gaza, la capitale di Hamas, diventerà Rafah e Beit Hanoun”, zone e città già rase al suolo, ha ribadito m Katz.
Le vittime dei raid
Secondo fonti mediche degli ospedali di Gaza contattate da Al Jazeera Arabic, ieri gli attacchi israeliani nella Striscia di Gaza hanno ucciso almeno 25 palestinesi dall’alba. Tra le vittime ci sono tre bambini uccisi durante un bombardamento israeliano su una tenda in Jalaa Street, a ovest di Gaza City.
Appello Onu ad Israele
“Per il bene dell’umanità, fateci entrare nella Striscia”. È l’appello disperato lanciato dal responsabile umanitario delle Nazioni Unite, Tom Fletcher, alle autorità israeliane, dopo la presentazione del rapporto sulla fame a Gaza, affinché non blocchino più l’ingresso degli aiuti umanitari. “Facciamo arrivare cibo e altri rifornimenti senza impedimenti e nella quantità massiccia richiesta. È troppo tardi per troppi, ma non per tutti a Gaza”, ha aggiunto Fletcher.
Civili uccisi, I dati del Guardian
In base ai dati dell’esercito israeliano l’83% delle persone uccise a Gaza risultano essere civili. È quanto emerge da un’inchiesta giornalistica condotta dal quotidiano britannico The Guardian in collaborazione coi siti di news dello Stato ebraico +972 Magazine e Local Call.
Secondo l’inchiesta a maggio scorso l’Idf aveva elencato in un database 8.900 combattenti di Hamas e della Jihad islamica palestinese come morti o “probabilmente morti” dall’inizio del conflitto il 7 ottobre 2023.
A quel tempo, in tutto 53.000 palestinesi erano stati uccisi dagli attacchi israeliani, stando alle autorità sanitarie di Gaza. I dati ricavati da un database classificato dell’intelligence militare israeliana hanno fatto emergere che cinque palestinesi su sei uccisi dall’Idf a Gaza erano civili, come sottolinea il Guardian.
La guerra dei dossier
Israele afferma di “respingere fermamente” le conclusioni dell’ultimo rapporto di Integrated Food Security Phase Classification (di seguito IPC), che parla di come la carestia in atto a Gaza mette in pericolo di vita 132 mila bambini. Per Israele invece il rapporto IPC è “falso”.
“In particolare l’affermazione sulla carestia a Gaza City”, sottolinea Coordinamento delle Attività Governative nei Territori (Cogat), l’organismo militare responsabile degli aiuti, afferma che “il rapporto è falso e si basa su dati parziali e di parte e su informazioni superficiali provenienti da Hamas, un’organizzazione terroristica”.
Prosegue definendo la valutazione dell’Ipc unilaterale accusandola di ignorare “gli ampi sforzi umanitari intrapresi a Gaza”. “Fatti distorti minano la credibilità dell’Ipc”, afferma Israele.
L’acqua negata
Per Medici senza frontiere c’è una c’è una altra emergenza la forte carenza di acqua potabile.
“Nell’ambito del genocidio in corso, Israele nega ai palestinesi beni di prima necessità, tra cui acqua, cibo e assistenza sanitaria”, si legge in un comunicato dell’organizzazione. “Dopo 22 mesi di distruzioni e restrizioni dell’accesso alle infrastrutture idriche essenziali da parte di Israele, la quantità di acqua disponibile a Gaza è del tutto insufficiente“.
Organizzazioni come Msf sarebbero in grado di aumentare la quantità di acqua potabile, ma Israele sta bloccando le importazioni di prodotti essenziali per il trattamento dell’acqua. Dal giugno 2024, ogni dieci richieste di importazione di prodotti per la desalinizzazione dell’acqua, Msf ne ha vista approvata soltanto una.
La consegna delle armi
Le fazioni palestinesi hanno iniziato a consegnare all’esercito libanese alcune delle armi detenute in un campo profughi alla periferia di Beirut, primo passo nell’attuazione di un piano annunciato tre mesi fa dalle autorità per la rimozione delle armi dai campi. Un furgone ha lasciato il campo carico di armi imballate in sacchi. Da alcuni sacchi spuntavano i calci dei fucili mitragliatori, mentre altri contenevano granate a propulsione a razzo. La consegna, secondo il quotidiano libanese Al-Akhbar, dovrebbe continuare oggi nel campo di Al-Bas a Tiro.
Siria e Israele, iniziativa USA
Gli Stati Uniti stanno lavorando per organizzare un incontro tra il leader siriano Ahmed al-Sharaa e il primo ministro Benjamin Netanyahu, con la partecipazione del presidente Donald Trump, durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il mese prossimo. Lo riferisce Sky News Arabia.
Secondo la stessa fonte, la recente nomina da parte della Siria di un nuovo rappresentante alle Nazioni Unite potrebbe indicare che l’incontro si svolgerà a margine dell’Assemblea generale.
Botta e risposta Londra-Tel Aviv
“Non direi agli inglesi dove costruire a Londra: consideriamo l’E1 parte della Grande Gerusalemme”. Così al Daily Mail l’ambasciatrice israeliana nel Regno Unito, Tzipi Hotovely. La diplomatica è stata convocata dal ministro degli Esteri britannico David Lammy in merito ai piani dello Stato ebraico per il nuovo progetto d’insediamento in Cisgiordania. Lammy ha criticato l’approvazione del progetto E1, sostenendo che “mina gravemente” le speranze di una soluzione a due stati per la crisi mediorientale.
Convocato l’ambasciatore
Il Ministero degli Esteri finlandese ha convocato l’ambasciatore israeliano a Helsinki per protestare contro l’approvazione da parte di Israele del piano coloniale E1 a est di Gerusalemme. In una dichiarazione pubblicata sul suo account ufficiale X, il ministero ha espresso “profonda preoccupazione” per la decisione dell’Alto Comitato di pianificazione israeliano di promuovere la costruzione di insediamenti nell’area E1, nonché per i piani relativi alla conquista di Gaza.
Il ministero ha inoltre ribadito l’appello della Finlandia affinché gli aiuti umanitari vengano consegnati senza ostacoli a Gaza, nel rispetto del diritto internazionale. Il piano E1, da tempo condannato dalla comunità internazionale, è ampiamente considerato una mossa che separerebbe la parte settentrionale da quella meridionale della Cisgiordania, compromettendo la prospettiva di uno Stato palestinese.