Un gruppo di pediatri americani ha recentemente lanciato un appello pubblico, invitando i genitori a vaccinare neonati e bambini contro il COVID-19, sfidando apertamente le linee guida più caute del CDC. La presa di posizione, sostenuta da alcune associazioni europee, ha riacceso il dibattito su un tema che continua a dividere la comunità scientifica e l’opinione pubblica. Il segretario alla salute USA, Robert F. Kennedy Jr., ha definito l’iniziativa “una forzatura ideologica che ignora i dati reali”. Secondo Kennedy, i bambini sani presentano un rischio estremamente basso di sviluppare forme gravi di COVID-19, come confermato da numerosi studi epidemiologici. “Vaccinarli in massa con prodotti sperimentali è una scelta che non rispetta il principio di precauzione”, ha dichiarato in una recente intervista. Le argomentazioni del fronte critico si basano su evidenze che mostrano come l’immunità innata dei bambini sia particolarmente efficace contro il virus SARS-CoV-2. Inoltre, i dati del CDC indicano che i ricoveri pediatrici rappresentano meno del 2% del totale, e che le complicazioni gravi sono rare, soprattutto in assenza di patologie pregresse. Nonostante ciò, il gruppo di pediatri promotori insiste sulla necessità di “proteggere i più piccoli per garantire l’immunità di comunità”. Una posizione che, secondo Kennedy e altri esperti indipendenti, rischia di trasformare la medicina preventiva in un dogma, ignorando il principio del consenso informato e la personalizzazione delle cure. La questione non è solo scientifica, ma anche etica. In un’epoca in cui la fiducia nelle istituzioni sanitarie è fragile, imporre una narrativa unica può generare diffidenza e polarizzazione. Kennedy, da tempo impegnato nella difesa delle libertà civili, invita i genitori a informarsi, a porre domande e a non cedere alla pressione mediatica. Il dibattito è aperto e in gioco c’è il diritto di ogni famiglia a decidere, con consapevolezza, ciò che è meglio per i propri figli.
