Le piogge monsoniche hanno trasformato il nord del Pakistan in un teatro di distruzione. In sole 24 ore, almeno 224 persone hanno perso la vita a causa di inondazioni improvvise e frane che hanno spazzato via interi villaggi, lasciando dietro di sé una scia di macerie, disperazione e vite spezzate. Le zone più colpite sono Khyber Pakhtunkhwa: epicentro della tragedia, con oltre 180 morti e 30 abitazioni distrutte; Gilgit-Baltistan, con 5 vittime confermate e il Kashmir pakistano, con 9 morti, mentre nella parte indiana del Kashmir si contano almeno 60 vittime e centinaia di dispersi. I soccorsi sono in difficoltà. Un elicottero militare impegnato nelle operazioni di salvataggio si è schiantato nella regione di Bajaur, uccidendo tutti e cinque i membri dell’equipaggio. Le condizioni meteorologiche estreme rendono ogni intervento un atto di eroismo. Oltre 1.300 turisti sono stati evacuati dalla valle di Siran, nel distretto montuoso di Mansehra. Il villaggio di Chositi, nel Kashmir indiano, è stato completamente isolato: strade distrutte, ponti spazzati via, e una cucina comunitaria travolta mentre oltre 200 pellegrini si preparavano al pranzo. Secondo gli esperti, eventi estremi come i cloudburst – nubifragi improvvisi e localizzati – stanno diventando sempre più frequenti. Le piogge registrate tra giugno e luglio sono state fino al 15% più intense rispetto alla media storica, un chiaro segnale dell’impatto del riscaldamento globale- Le autorità pakistane hanno proclamato lo stato di emergenza in diverse aree del nord-ovest. Le previsioni indicano piogge intense fino al 21 agosto, alimentando il timore di ulteriori disastri.
