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SOTTO LA CUPOLA DI CHERNOBYL CENTRALE NUCLEARE COLPITA DA UN DRONE RUSSO UCRAINA

Ševčenko, il poeta che continua a parlare all’Ucraina ferita

martedì, 12 Agosto 2025
1 minuto di lettura

Proprio in queste ore si sta parlando dell’incontro bilaterale che si terrà il 15 agosto in Alaska tra Trump e Putin. Si parlerà di Ucraina e si auspica di un Ucraina che resti sovrana, proprio come quella sognata da Ševčenko, poeta ed eroe nazionale per eccellenza.

Tra le rovine e la resistenza, la voce di Taras Ševčenko risuona ancora come una preghiera e un appello. Le sue statue, disseminate nel Paese come sentinelle della memoria, sono molto più che omaggi artistici: sono simboli di identità, libertà e lotta.

Non è un caso che in Crimea, dopo l’annessione russa del 2014, siano diventate oggetto di rimozione, sorveglianza o sfregio. La poesia di Ševčenko continua a inquietare chi teme l’autodeterminazione dei popoli. Questa lotta per l’identità si intreccia con la vita di un uomo che ha vissuto sulla propria pelle l’oppressione e il desiderio di libertà.

Ševčenko: simbolo e eroe ucraino

Nato nel 1814 in un villaggio dell’Ucraina centrale da una famiglia di servi della gleba, Ševčenko è stato prima schiavo, poi artista, infine profeta laico di una nazione ancora senza Stato. Grazie al mecenatismo del pittore Karl Brjullov, fu riscattato dalla servitù nel 1838. Ma fu la poesia, più della pittura, a farlo entrare nella storia.

Nel 1840 pubblicò Kobzar, la sua prima raccolta poetica. Scritto in lingua ucraina — allora considerata dialetto contadino — il libro fu un atto rivoluzionario. Con versi densi di malinconia, ribellione e orgoglio popolare, Ševčenko fondò di fatto la moderna letteratura ucraina. Nei suoi componimenti, l’Ucraina non è solo un luogo geografico, ma una terra martoriata, violata dall’impero zarista, che anela riscatto.

Il componimento Testamento, scritto nel 1845 durante una grave malattia, resta il suo manifesto spirituale. “Seppellitemi e ribellatevi”, scriveva, chiedendo di essere ricordato solo in una patria finalmente libera. La sua visione non era solo politica: era culturale, morale, profondamente radicata nella dignità del popolo ucraino.

Ševčenko oggi

Oggi, Testamento è recitato da studenti, militari e rifugiati. Nei versi del poeta si specchia il dolore presente, ma anche la forza della speranza. Ševčenko sapeva che la libertà ha un prezzo, spesso pagato da chi non vedrà mai il frutto del proprio sacrificio. Ma credeva che la memoria, se custodita con affetto e fermezza, potesse costruire il futuro.

In un tempo in cui l’identità ucraina è sotto attacco, le sue poesie non sono reliquie del passato, ma strumenti di resistenza. Taras Ševčenko non è soltanto un poeta da ricordare: è una voce da seguire. Anche oggi, soprattutto oggi.

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