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600 ex funzionari israeliani scrivono a Trump: “Fermi Netanyahu”

Oggi riunione del Consiglio di sicurezza Onu. Hamas, "250 camion di aiuti al giorno per tornare a negoziare"
martedì, 5 Agosto 2025
3 minuti di lettura

Circa 600 ex funzionari della sicurezza israeliana, tra cui alti dirigenti dei servizi di intelligence, hanno inviato una lettera aperta al presidente statunitense Donald Trump chiedendogli di intervenire per fermare la guerra a Gaza.

La missiva, riportata dalla BBC, sostiene che “Hamas non rappresenta più una minaccia strategica per Israele” e invita Trump a usare la sua influenza per spingere Benjamin Netanyahu a cessare le ostilità e liberare gli ostaggi. Secondo gli ex funzionari, la credibilità di Trump presso l’opinione pubblica israeliana potrebbe rivelarsi decisiva per indurre il governo a imboccare una nuova direzione, fatta di negoziati e non di bombardamenti. Si è tenuta ieri una riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla drammatica situazione degli ostaggi israeliani detenuti da Hamas.

L’incontro, richiesto da Israele con il supporto di Stati Uniti e Panama, ha visto la partecipazione del ministro degli Esteri Gideon Sa’ar, che ha definito la liberazione dei rapiti “una priorità globale”.

La questione è tornata prepotentemente all’attenzione pubblica dopo la diffusione, nei giorni scorsi, di video scioccanti che mostrano due ostaggi, Rom Braslavski ed Evyatar David, in condizioni di salute gravissime. Il presidente israeliano Herzog, da Vilnius, ha mostrato le immagini ai giornalisti dichiarando: “Tutti gli ostaggi devono tornare a casa. È la chiave per risolvere la crisi a Gaza e nel Medio Oriente”.

Netanyahu: “Liberarli con la forza”

Nonostante gli appelli, la linea del governo israeliano rimane quella di una vittoria militare. Secondo fonti diplomatiche, Netanyahu considera i negoziati con Hamas esauriti e punta a ottenere la liberazione degli ostaggi attraverso la pressione militare.

Una strategia che prevede, in parallelo, l’invio di aiuti umanitari solo nelle zone non controllate da Hamas. Le famiglie degli ostaggi hanno reagito con rabbia: ieri a Tel Aviv hanno bloccato l’autostrada Ayalon, accusando Netanyahu di aver venduto illusioni. “Da 22 mesi ci dicono che la forza risolverà tutto. Ma il prolungarsi della guerra mette in pericolo la vita dei nostri cari”, si legge nel comunicato del Forum delle Famiglie degli Ostaggi.

Hamas: “250 camion di aiuti o niente negoziati”

Hamas ha trasmesso ai mediatori una nuova precondizione per riprendere i colloqui: l’ingresso di almeno 250 camion di aiuti umanitari al giorno nella Striscia di Gaza. Secondo quanto riferito al Jerusalem Post, il movimento islamista non accetterà alcun negoziato senza un miglioramento sostanziale della situazione umanitaria.

L’Onu, intanto, denuncia che solo il 10% degli aiuti riesce a raggiungere la popolazione civile. Jonathan Whittall, alto funzionario dell’Ocha, ha raccontato sul Guardianle atrocità viste a Gaza e ha denunciato le pressioni israeliane per farlo tacere, dopo che il suo visto non è stato rinnovato. “Descrivere le condizioni disumane fa parte del nostro lavoro, ma ha un prezzo altissimo”, ha scritto.

Ben-Gvir: “Conquistare Gaza”

Mentre la diplomazia cerca spiragli, il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir ha lanciato un appello provocatorio dalla Spianata delle Moschee: “Dobbiamo conquistare tutta Gaza e incoraggiare l’emigrazione volontaria dei palestinesi”.

Guidando migliaia di coloni durante una marcia, Ben-Gvir ha anche pregato apertamente, rompendo il protocollo sullo status quo con la Giordania. Le sue parole, e i suoi gesti, hanno acceso ulteriormente le tensioni in una regione già sul punto di rottura.

Riconoscere la Palestina? Le posizioni di Usa, Italia e Iran

Nel Congresso degli Stati Uniti, 13 deputati democratici hanno firmato una lettera che chiede a Trump di riconoscere formalmente lo Stato di Palestina. La guerra, scrivono, ha reso urgente riconoscere il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese.

In Italia, il vicepremier Antonio Tajani ha ribadito l’impegno per la costruzione di uno Stato palestinese: “Riconoscere qualcosa che non esiste è velleitario. Serve costruirlo prima. Siamo pronti anche a una missione Onu a guida araba”.

Tajani ha chiesto lo stop ai bombardamenti e la fine delle violenze contro i cristiani in Cisgiordania, avvertendo che “gli estremisti israeliani stanno aiutando il fondamentalismo di Hamas”. Sul fronte opposto, l’Iran ha accusato gli Stati Uniti di complicità nei recenti attacchi ai propri impianti nucleari e ha annunciato che chiederà un risarcimento in eventuali futuri negoziati. La cooperazione con l’Agenzia atomica dell’Onu resta sospesa.

Siria, chiuso un corridoio umanitario

Infine, la Siria ha annunciato ieri la chiusura del corridoio umanitario di Bosra al-Sham, a causa della ripresa degli scontri nella provincia drusa di Suweida. Gli scontri settari hanno causato la morte di quattro persone, riaprendo una ferita che sembrava sopita dopo il cessate il fuoco del 20 luglio. L’Osservatorio siriano per i diritti umani teme un nuovo ciclo di violenze.

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