Una nuova tragedia del mare ha colpito le coste dello Yemen, dove il 1° agosto un’imbarcazione carica di migranti africani si è rovesciata al largo della provincia meridionale di Abyan, causando la morte di 68 persone e la scomparsa di almeno 74. Lo ha confermato l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), agenzia delle Nazioni Unite, che ha definito l’episodio “una delle peggiori stragi migratorie dell’anno”. A bordo del natante, partito presumibilmente dalle coste della Somalia, viaggiavano 154 migranti etiopi, diretti verso i Paesi del Golfo in cerca di lavoro. Secondo Abdusattor Esoev, capo dell’OIM in Yemen, solo 12 persone sono sopravvissute, mentre i corpi di 54 migranti sono stati recuperati nel distretto di Khanfar e altri 14 trasportati all’obitorio dell’ospedale di Zinjibar. Il naufragio è avvenuto in una zona già nota per il traffico migratorio gestito da organizzazioni criminali, che utilizzano imbarcazioni sovraffollate e prive di sicurezza per attraversare il Mar Rosso e il Golfo di Aden. Nonostante la guerra civile che devasta lo Yemen da oltre un decennio, il Paese resta una rotta migratoria cruciale per chi fugge da povertà e instabilità nel Corno d’Africa. Le autorità locali, con il supporto dell’OIM, hanno avviato le operazioni di recupero e identificazione delle vittime, mentre le agenzie umanitarie lanciano l’allarme: centinaia di migranti sono morti o dispersi negli ultimi mesi in naufragi simili. L’ONU ha chiesto un’indagine approfondita e un rafforzamento dei controlli contro il traffico di esseri umani. Il dramma di Abyan riporta al centro dell’attenzione la fragilità delle rotte migratorie africane, spesso ignorate dai media internazionali. In un mondo che discute di confini e sicurezza, la morte silenziosa di 68 migranti ci ricorda il prezzo umano di una crisi che non conosce tregua.
