Drin drin, campanello d’allarme: l’economia italiana segna il passo. Dopo un primo trimestre del 2025 chiuso in lieve crescita (+0,3%) l’Istat certifica per il periodo tra aprile e giugno una flessione del Pil dello 0,1%, confermando le crescenti preoccupazioni su una possibile recessione tecnica all’orizzonte. In termini tendenziali (cioè rispetto allo stesso trimestre del 2024) la crescita si ferma al +0,4%, in deciso rallentamento rispetto al +0,7% registrato nei primi tre mesi dell’anno. La stima preliminare del prodotto interno lordo, espressa in valori concatenati con anno di riferimento 2020, “riflette una diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca e in quello dell’industria, a fronte di una sostanziale stazionarietà nei servizi”, spiega l’Istituto nazionale di statistica. L’intero secondo trimestre ha inoltre avuto una giornata lavorativa in meno rispetto al trimestre precedente e allo stesso periodo del 2024, un dato tecnico che contribuisce, seppur parzialmente, al rallentamento.
Dal lato della domanda, il quadro è altrettanto chiaro: se la componente nazionale (cioè i consumi e gli investimenti interni) offre un contributo positivo (al lordo delle scorte), è la componente estera netta a pesare maggiormente, con un apporto negativo dovuto alla crescita delle importazioni superiore a quella delle esportazioni.
Italia e Germania in calo, meglio la Francia
La stima di crescita acquisita per l’intero 2025 (cioè il dato che si registrerebbe anche in presenza di una variazione nulla nei prossimi due trimestri) resta ancorata a +0,5%, ma, come avverte l’Istat, si tratta di numeri soggetti a possibili revisioni e non immuni dai rischi macroeconomici in evoluzione. La battuta d’arresto dell’economia italiana non è isolata. Anche la Germania, primo partner commerciale dell’Italia, ha visto il proprio Pil contrarsi dello 0,1%, mentre la Francia riesce a distinguersi con un solido +0,3%. Il risultato medio dell’Eurozona, secondo le stime di Eurostat, si ferma a un modesto +0,1%, segnale di un contesto continentale fiacco e appesantito dalle crescenti incertezze geopolitiche e commerciali.
Nel suo comunicato l’Istat osserva come la variazione congiunturale negativa interrompa la tendenza positiva dei trimestri precedenti, mentre la crescita tendenziale rallenta rispetto al periodo gennaio-marzo. Anche i settori produttivi mostrano dinamiche divergenti: agricoltura e industria sono in calo, servizi praticamente invariati, commercio con l’estero in contrazione netta.
Particolarmente significativo il dato che vede l’industria tornare in territorio negativo dopo diversi trimestri di recupero, confermando una fragilità strutturale già evidenziata nel 2023-2024. L’agricoltura, già colpita da eventi climatici estremi, prosegue il proprio ciclo negativo.
Gli allarmi
I segnali di allarme arrivano anche dalle associazioni dei consumatori e delle imprese. Per Massimiliano Dona, Presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, il dato dell’Istat è “pessimo. Il fatto che il Pil su base congiunturale sia già in calo, prima ancora dell’arrivo dei dazi di Trump, ci fa temere una recessione tecnica. Unica speranza è che il turismo estivo faccia decollare i servizi e compensi il calo in agricoltura e industria”. Confesercenti sottolinea come “molti dettagli dell’intesa tra UE e Usa sui dazi restino ancora da chiarire”, ma nel frattempo l’impatto si fa già sentire: “Nel secondo trimestre il Pil è sceso di 327 milioni di euro. Il risultato deriva da un ulteriore arretramento del manifatturiero e del comparto agricolo, non compensato dai servizi. Il settore estero ha offerto un contributo negativo alla crescita, con esportazioni sotto tono e un fisiologico recupero delle importazioni dopo due anni di flessione”.
Ma l’associazione va oltre, disegnando un autunno ad alto rischio: “Da ottobre si manifesteranno appieno gli effetti dell’accordo sui dazi del 15% sulle nostre esportazioni verso gli Stati Uniti, con riflessi negativi su investimenti e occupazione. I consumi delle famiglie restano deboli, il Superbonus si è esaurito e il turismo inizia a perdere slancio”. Nel suo appello finale Confesercenti invita governo e Unione europea a un “rapido ripensamento delle politiche economiche, da orientare verso un rafforzamento della domanda interna e strumenti di compensazione agli effetti delle politiche restrittive statunitensi”.