Secondo i dati diffusi da Istat, a marzo 2025 le vendite nei negozi italiani sono diminuite rispetto al mese precedente. In termini tecnici, si parla di una “variazione congiunturale negativa”, cioè un confronto mese su mese. Il calo è stato dello 0,5% sia nel valore degli incassi sia nella quantità di beni venduti. In particolare, la diminuzione ha interessato sia i prodotti alimentari, come il cibo e le bevande, sia i prodotti non alimentari, come vestiti, libri o articoli per la casa. Nel dettaglio, il settore alimentare ha registrato un -0,5% nel valore, ma una riduzione ancora maggiore nel volume, pari a -0,9%. Questo significa che le persone hanno speso un po’ meno, ma soprattutto hanno comprato quantità più ridotte, forse a causa di prezzi più alti. Anche il comparto non alimentare ha visto un calo: -0,3% in valore e -0,4% in volume.
Primo trimestre debole
Il trend negativo non si limita al solo mese di marzo. Guardando ai primi tre mesi dell’anno, le vendite al dettaglio hanno subito un rallentamento dello 0,2% nel valore e dello 0,5% nel volume. Anche in questo caso, la flessione riguarda sia i beni alimentari che quelli non alimentari. I primi calano dello 0,1% in valore e dello 0,5% in quantità, i secondi rispettivamente dello 0,4% e dello 0,6%. Questi numeri confermano una tendenza alla prudenza nei consumi da parte delle famiglie italiane.
Il confronto con l’anno scorso
Rispetto a marzo 2024, il calo è ancora più marcato. Le vendite al dettaglio sono scese del 2,8% in valore e del 4,2% in volume. In parole semplici, gli incassi sono diminuiti e sono stati venduti meno prodotti. Il settore alimentare ha sofferto di più: -4,2% in valore e -6,7% in quantità. Meno pronunciata, ma comunque negativa, la performance dei beni non alimentari: -1,4% e -2,1%. Istat spiega che una parte di questa flessione può essere attribuita anche al fatto che nel 2025 la Pasqua è caduta in aprile, mentre nel 2024 era stata a marzo. Questo ha spostato in avanti alcune spese che normalmente si concentrano nel periodo pasquale.
Solo farmacie e profumerie in controtendenza
Tra i prodotti non alimentari, solo due categorie mostrano una crescita rispetto a un anno fa: i prodotti di profumeria e per la cura della persona (+1,8%) e i prodotti farmaceutici (+0,6%). Tutti gli altri segmenti sono in calo, con le perdite più evidenti nella vendita di libri, giornali e riviste (-4,5%) e nelle calzature e articoli in cuoio (-4,2%).
Male tutte le forme di vendita
Il calo delle vendite non ha risparmiato nessuna forma distributiva. La grande distribuzione, cioè supermercati e ipermercati, ha registrato un -2,6%. I negozi di piccole dimensioni hanno fatto peggio, con un -3,1%. Anche il commercio elettronico, cioè le vendite online, ha segnato una battuta d’arresto: -1,3%. Perfino le vendite “fuori dai negozi”, come ambulanti, distributori automatici o vendite porta a porta, sono in forte calo: -4,7%.
Supermercati in affanno
Entrando più nel dettaglio della grande distribuzione, si nota che i supermercati hanno perso il 5,4% rispetto a un anno fa, mentre gli ipermercati il 2,7%. I discount, invece, limitano i danni e scendono solo dello 0,5%. In alcuni casi, come negli esercizi specializzati (cioè i negozi grandi che vendono una sola tipologia di prodotto), si registra persino una crescita (+1,3%).
Le piccole imprese faticano di più
I dati Istat mostrano anche che le imprese con meno dipendenti sono quelle che stanno soffrendo di più. I negozi con meno di 5 addetti hanno perso il 4,4% rispetto all’anno scorso, quelli con 6-49 addetti il 3,5%. Le imprese più grandi, con almeno 50 dipendenti, limitano la perdita a -1,7%.