“Vita da Pingitore” è il docu-film di Mirko Alivernini che racconta i lunghi anni di carriera del maestro Pier Francesco Pingitore, detto Ninni. Molti lo conoscono solo per i 50 anni in cui ha diretto il Bagaglino, che in origine si sarebbe dovuto chiamare “Bragaglino”, in onore del regista e saggista italiano Anton Giulio Bragaglia. Circondato sempre da bellissime donne, che lui stesso ha scoperto e lanciato nel mondo dello spettacolo, in realtà cominciò lavorando nella redazione del settimanale Lo Specchio, occupandosi di politica e costume. A soli 26 ne era già caporedattore.
Pochi, infatti, sanno che è stato uno dei primi iscritti all’Ordine Nazionale dei Giornalisti, un capitolo altrettanto importante della sua vita quanto la carriera artistica. Non a caso il cortometraggio dedica molte pagine ai reportage che Pingitore fece in gioventù sui moti del ’68 a Roma e a Parigi o sull’Invasione della Cecoslovacchia sempre di quegli anni. Impagabile anche la trilogia teatrale dedicata al tramonto di Mussolini, da Villa Torlonia al Gran Sasso, messa in scena nei luoghi in cui ebbero luogo i fatti. Lo stesso Bagaglino ai suoi albori, in uno scantinato a elle di vicolo della Campanella, in una Roma vivace e festaiola, ancora avvolta nella magia della Dolce vita, poteva considerarsi un esperimento avant guard di cabaret impegnato, basato su una satira politica senza sconti.
Alla fine la bellezza di Pingitore risiede proprio nel fatto che è stato considerato troppo di destra dalla sinistra e troppo di sinistra dalla destra. In tanti anni di trasposizione comica della realtà in cui amava immergersi, pur mantenendo precise convinzioni sul piano personale, è riuscito a mantenere una indiscussa onestà intellettuale che non ha risparmiato mai nessuno. “Oggi ci sono dei paletti che mai avremmo immaginato – racconta in una intervista Pingitore -. Vietato parodiare, vietato prendere in giro. Eppure sono convinto che il filo del rasoio del politicamente corretto sia tutto il contrario della democrazia e del vivere civile, che è dato dal fatto di potersi garbatamente prendere in giro”. “Attraverso la satira si racconta la verità ed io non ho mai offeso nessuno”.
Nel documentario inevitabilmente non poteva mancare un dolce ricordo di Gabriella Ferri, artista e persona a lui particolarmente cara e la cui voce inconfondibile, quasi impossibile da sostituire quando venne a mancare, accompagnò la fortuna di quel primo arrangiato Bagaglino. “Ogni sera – racconta lo stesso maestro – salivano sul palco Gabriella Ferri, Oreste Lionello, Gianfranco D’Angelo, Pippo Franco, Enrico Montesano, Tony Cucchiara e sua moglie Nelly Fioramonti. C’era un’atmosfera che non si può spiegare, fatta di nuvolette di fumo, improvvisazioni, risate e pastasciutta, servita tra il primo e il secondo tempo. Non pagavamo la pubblicità e non uscivamo sui tamburini dei quotidiani, ma in un attimo si sparse la voce e diventammo un caso; tutte le sere entrava il doppio della gente che il locale poteva contenere”.
E fu lì che alla prima risata e al primo sentito applauso che la vita di Pingitore cambiò radicalmente. Messo alle strette dal suo giornale, scelse il cabaret e il teatro tutta la vita. Dal 1965 fino ad oggi, ancora una volta sul palco del Salone Margherita in occasione dell’anteprima del documentario, accompagnato dal fedelissimo e bravissimo comico, Federico Perrotta, mattatore della serata, a dividere con i suoi fan e un parterre di bellissime donne che hanno fatto la storia del Bagaglino, con la solita ironia che lo contraddistingue, quasi a non prendersi mai troppo sul serio, i ricordi di tanti anni di fatica, impegno, notti insonni, ma anche passione, amore e risate, accanto a grandi dello spettacolo, da Leo Gullotta agli indimenticabili Pino Caruso e Oreste Lionello.