Questa mattina Papa Francesco ha fatto visita al carcere romano di Regina Coeli. Un gesto non nuovo per il Pontefice, che ogni anno nel periodo pasquale sceglie di incontrare detenuti, in memoria del gesto di Gesù durante l’Ultima Cena. Stavolta, però, la visita ha avuto un tono diverso: niente cerimonia della lavanda dei piedi, nessun rito pubblico, ma una presenza discreta e carica di significato. Il Papa è arrivato alle 14.55 su una piccola Fiat 500 bianca dai vetri oscurati. È entrato nel penitenziario accolto con calore dai detenuti e dal personale, che lo hanno salutato con una lunga ovazione. Al termine della visita, durata circa venti minuti, le voci dei detenuti si sono levate nuovamente forti: “Francesco, Francesco!”, gridavano da dentro, ben udibili anche fuori dalle mura del carcere.
Parole semplici
All’interno dell’istituto, Francesco ha incontrato circa settanta detenuti di diversa nazionalità, tutti partecipanti regolari alle attività religiose organizzate nella struttura. Dopo il saluto della direttrice Claudia Clementi, il Papa ha rivolto poche parole, come è nel suo stile quando si tratta di incontri carichi di emozione. “A me piace fare tutti gli anni quello che ha fatto Gesù il Giovedì Santo, la lavanda dei piedi, in carcere”, ha spiegato. “Quest’anno non posso farlo, ma posso e voglio essere vicino a voi. Prego per voi e per le vostre famiglie”. Parole semplici, ma dirette, che hanno toccato profondamente i presenti.
“Perché loro e non io?”
All’uscita, Francesco ha parlato brevemente anche con i giornalisti, mostrando visibilmente i segni della fatica. “Ogni volta che io entro in un posto come questo, mi domando: perché loro e non io?”, ha detto, lasciando intendere un senso di solidarietà profonda, al di là delle colpe e delle condanne. Quando gli è stato chiesto come vivrà la Pasqua, la sua risposta è stata altrettanto essenziale: “Come posso”. Una frase che riflette la sua attuale condizione di salute, ancora precaria. Secondo quanto riferito dai presenti, il Pontefice appariva affaticato, parlava con un filo di voce e mostrava un volto segnato dalla sofferenza. Il cappellano del carcere, don Vittorio Trani, ha raccontato: “Era un po’ che non lo vedevo, ha il volto segnato. Ha detto ai ragazzi: ‘Auguri per la Pasqua, sono qui con gioia’. È stato un incontro molto bello, commovente. Ha avuto il coraggio di lasciare il Vaticano e venire qui, nonostante tutto”.
Una Pasqua tra preghiera e sobrietà
In mattinata, nella Basilica di San Pietro, si è tenuta la Messa Crismale, una celebrazione che apre il cosiddetto Triduo Pasquale, cioè i tre giorni che precedono la domenica di Pasqua. Durante questa messa, i sacerdoti rinnovano le promesse fatte al momento della loro ordinazione, e si benedicono gli oli usati nei sacramenti: l’olio degli infermi, dei catecumeni e il crisma. Papa Francesco non ha partecipato alla cerimonia, come già previsto, ma ha affidato il compito al cardinale Domenico Calcagno. Tuttavia, ha voluto comunque far sentire la sua voce attraverso un’omelia scritta.
L’appello ai sacerdoti:
Nel testo, il Pontefice ha lanciato un appello forte ai sacerdoti: “Fate scelte di campo”, ha scritto, esortando a uscire da atteggiamenti troppo legati al potere, noti come clericalismo, per diventare annunciatori di speranza. Ha poi parlato della necessità di rinnovare la propria missione spirituale: “Un mondo nuovo è già sorto”, ha scritto, “ma perché si realizzi pienamente dobbiamo agire con coraggio e fede”. Ha invitato i sacerdoti a stare accanto alla propria comunità in modo sincero, senza cercare l’approvazione a ogni costo. “Il pastore che ama il suo popolo non vive alla ricerca di consenso”, ha scritto. E infine ha ribadito: “Dio non fallisce mai”.