Si sta ricostituendo o, forse, rafforzando l’asse del male formato da Stati che usano le loro armi per alterare l’equilibrio mondiale e violare il diritto internazionale con atti di aggressione contro Paesi sovrani? Mi riferisco alla Corea del Nord, all’Iran, alla Russia ovviamente e anche alla tentazione della Cina di farne parte.
Sì, stando a quello che dice anche l’ammiraglio Aquilino, che ha comandato le forze americane dell’Indo-pacifico.
Sono Paesi che si differenziano in funzione delle loro potenzialità, della loro politica anche della loro cultura. Il Paese predominante è quello che si espone di meno, la Cina.
Gli altri sono mediamente tutti sanzionati e hanno una situazione economica abbastanza difficile ma appartengono ad alleanze economico-politiche-militari che si rifanno all’egemonia cinese, nonostante le difficoltà economiche di Pechino. In America è stato coniato un acronimo per metterli insieme: CRINK che sta per Cina, Russia, Iran e Nord Corea.
Nel caso specifico dell’Ucraina, la Russia ottiene i droni dall’Iran e molti proiettili di artiglieria dalla Corea del Nord che secondo le accuse degli Stati Uniti transitano anche per i porti cinesi.
Le prove provate ci sono nel senso che al di là del fatto che si possano o meno individuare cargo mercantili, le armi che sono state trovate sul terreno bellico danno un’indicazione certa sulla loro provenienza. Tre milioni di proiettili per l’artiglieria russa vengono dalla Corea del Nord le cui armi sono state rinvenute anche a Gaza. E che dire dell’Iran che ha armato fino ai denti Hezbollah, sostiene i terroristi di Hamas e gli Houthi che tengono sotto scacco il traffico merci nel Mar Rosso.
Ma se questo asse si mantiene vivo ed efficiente, se le sanzioni attuali non bastano non bisognerebbe ricorrere ad altri mezzi?
Il primo contrasto rimane in via immediata quello di tipo economico.
È relativamente poco visibile ed è lento perché richiede tempo prima di avere effetti concreti. Peraltro. nel caso della Russia c’è stata una reazione che ha convertito tutta l’industria in apparato bellico generando anche un aumento drogato del Pil. Un’azione di tipo politico diventa molto difficile per due motivi.
Innanzitutto perché l’ordine internazionale è abbastanza carente per colpa dei veti che paralizzano il Consiglio di sicurezza dell’Onu. È successo sui controlli che le Nazioni Unite volevano effettuare sui test missilistici della Corea del nord.
L’altro problema è sociale perché nei Paesi dittatoriali c’è una coesione interna coatta che in Occidente non c’è e quindi diventa anche difficile effettuare azioni che non inneschino reazioni nelle opinioni pubbliche libere.
Sul piano del diritto internazionale se un Paese aggredito colpisce il rifornimento di armi di un Paese alleato di un aggressore ha totalmente diritto di farlo. In pratica se delle navi che portano armi coreane alla Russia destinate a distruggere i condomini, gli ospedali e le scuole dell’Ucraina fossero sabotate e fatte saltare in aria da commando ucraino nessuno potrebbe obiettare.
In punto di diritto chi per difendersi colpisce il vettore della nazione che illegalmente fornisce armi ad un Paese aggressore non commette nessuna violazione di norme internazionali.
Purtroppo chi dovrebbe vegliare per garantire l’aspetto legalitario, parliamo delle Nazioni unite, è oggi un’entità molto debole e non è nelle condizioni di far rispettare il diritto. C’è sempre un connubio di difficile integrazione fra ciò che è gestione di guerra cognitiva, cioè manipolazione e propaganda delle notizie, e il rispetto di quello che dovrebbe essere il normale diritto internazionale.
Questo non impedisce che un un’azione anche forte, dimostrativa potrebbe essere molto efficace come deterrenza.
Assolutamente si.
Il problema è sempre politico per le reazioni che si innescano in ambito sociale. Si veda quel che succede nelle Università americane e anche in alcuni partiti di Paesi europei che in qualche modo sollevano perfino dubbi sul diritto dell’Ucraina a difendersi fino in fondo dall’aggressione russa.