venerdì, 15 Novembre, 2024
Attualità

Biden a Netanyahu: preoccupa l’offensiva su Rafah

Ripresi i colloqui a Doha. Tajani: "Borrell parla a titolo personale sulla condotta di Israele a Gaza"

E’ durata più di 45 minuti la conversazione telefonica tra il Presidente americano Joe Biden e il premier israeliano Benyamin Netanyahu. Sono stati discussi gli ultimi sviluppi dell’operazione militare, compresa la situazione a Rafah e gli sforzi per aumentare l’assistenza umanitaria a Gaza. L’Amministrazione Biden sta esplorando le opzioni di risposta se Israele lanciasse un’operazione militare a Rafah, contrariamente agli avvertimenti di Washington, e senza un piano credibile per proteggere i civili. Netanyahu ha raccontato: “abbiamo parlato degli ultimi sviluppi della guerra, compreso l’impegno di Israele a raggiungere tutti gli obiettivi del confitto”. Netanyahu ha anche assicurato che Israele fornirà agli abitanti di Gaza “gli aiuti umanitari necessari per raggiungere questi obiettivi”.

I colloqui sono ripresi

E questa volta sembrano anche essere ripresi con buone prospettive i negoziati per una lunga tregua che dovrebbe portare al cessate il fuoco. Sei settimane di pausa in cambio della liberazione di 42 ostaggi. E’ questo il nodo delle trattative che si stanno svolgendo a Doha tra Israele e Hamas con i massimi vertici delle rispettive delegazioni. Colloqui che potrebbero durare anche un paio di settimane. Da una parte il capo del Mossad, David Barnea e dall’altra il coinvolgimento diretto di Yahya Sinwar leader di Hamas che, secondo alcuni fonti, si troverebbe ancora nella Striscia di Gaza. Tra i 42 ostaggi coinvolti nella trattativa ci sono donne, comprese le soldatesse, bambini, anziani e malati che potrebbero essere essere rilasciati in cambio di 20-50 prigionieri palestinesi, a seconda che gli ostaggi siano civili o meno, e al ritmo di un ostaggio al giorno.

Idf spinge i civili verso la costa

Sul campo non si fermano le incursioni dell’esercito israeliano: l’Idf ha affermato di aver preso il controllo dell’ospedale di al-Shifa e di aver esortato i membri di Hamas all’interno della struttura a uscire fuori e ad arrendersi. In precedenza, l’esercito aveva comunicato di aver arrestato 80 persone “sospette” e che “alcune di queste sono state confermate come terroristi operativi”. Sono state trovate anche armi e denaro che è stato sequestrato. Il portavoce ha poi aggiunto “che numerosi uomini armati di Hamas sono stati uccisi e feriti negli scontri a fuoco sul terreno dell’ospedale”. Contemporaneamente, l’Idf sostiene di aver approntato un corridoio umanitario per consentire ai civili di abbandonare la zona dei combattimenti vicina ad al-Shifa: il portavoce militare israeliano Avichay Adraee ha diffuso su X una cartina geografica dello Shifa e del rione Rimal di Gaza che indica ai civili la via più rapida per raggiungere la costa della città.

Continuano i flussi di aiuti

Da registrare un nuovo attacco dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, a Israele. “La fame a Gaza è usata come arma di guerra, diciamolo chiaro”, ha detto Borrell, “ci sono sette mesi di derrate alimentari bloccate. Israele deve aprire i cancelli e fare entrare gli aiuti”. Alla reazione del ministro degli Esteri israeliano si è aggiunta, tra gli altri, anche quella del ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani: “le parole di Borrell su Gaza sono una sua posizione personale, legittima, ma che non è stata concordata con nessuno”, e poi: “non possiamo dimenticare perché è scoppiata questa guerra nella Striscia di Gaza, far finta che Hamas non abbia compiuto gli atti del 7 ottobre: il responsabile della guerra è Hamas.”

Intanto ieri quasi 240 camion di aiuti umanitari provenienti dai valichi israeliani di Nitzana e Kerem Shalom hanno fatto ingresso a Gaza. Il 70 per cento di quel carico era costituito da cibo. Il resto includeva forniture di acqua, medicinali e materiale per allestire rifugi. Inoltre, ha aggiunto il Cogat, ieri sono stati lanciati dal cielo verso Gaza 179 pacchi di aiuti. Sempre ieri è entrato a Gaza il combustibile necessario per il funzionamento di cinque pompe per la purificazione dell’acqua che provvedono alle necessità di complessivamente 200mila persone.

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