La situazione che si è creata nel Mar Rosso dal 19 ottobre sta iniziando ad avere “pesanti impatti sull’economia globale, oltre a causare tensioni geopolitiche e di carattere militare. Se è vero che gli assalti degli Houthi contro alcune navi cargo sono concentrati in particolare nella zona dello stretto di Bab al-Mandab, va però considerato che questo stretto è la porta di ingresso delle navi nel Mar Rosso e nel Canale di Suez.” Sono queste le premesse di un report di Srm, il Centro studi del Gruppo impresa Sanpaolo, che delinea i possibili scenari del prossimo futuro.
Suez “nodo strategico”
Sulla rotta (che è parte anche della Belt&Road Initiative e che collega l’Asia al Mediterraneo e, attraverso Gibilterra, alla costa atlantica sia europea che nord americana) viaggia circa il 12% delle merci globali e il 30% dei container. “Non è, dunque, una semplice area di transito ma un nodo logistico che rifornisce di materie prime e prodotti finiti l’Europa e il Nord America.” In termini energetici, il Canale di Suez rappresenta il 10% dei prodotti petroliferi raffinati, l’8% del gas naturale liquefatto (LNG) e il 5% del greggio. Inoltre, vanta il transito del 14,6% dell’import mondiale dei prodotti cerealicoli e del 14,5% dell’import mondiale dei fertilizzanti agricoli. Dunque uno snodo strategico dal quale solo nel 2023 sono transitate quasi 26.000 navi facendo registrare un +10,5% sull’anno precedente. Ma finora oltre 300 navi portacontainer hanno rinunciato alla rotta.
Portacontainer -72%
Gli ultimi dati ultimi relativi al Canale egiziano, mostrano che il totale dei transiti giornalieri tra il 28 dicembre e il 1° gennaio ha registrato un calo del 38% rispetto alla media della prima metà del mese di dicembre 2023 (transiti in direzione nord: -45%; transiti in direzione sud: -31%). In dettaglio i transiti di portacontainer sono diminuiti del 72%, quelli di GPL del 60%, di autovetture del 49%, di metaniere del 35%, mentre i transiti di bulker (merci varie) e tanker (petroliere) non hanno subito sostanziali variazioni.
Shanghai-Genova, costi triplicati
Inoltre deviare per il Capo di Buona Speranza significa allungare i tempi e i costi di consegna delle merci: +8 giorni per la rotta Shanghai-Rotterdam; +10 giorni Shanghai-Amburgo e +15 Shanghai-Pireo; si può stimare che la percorrenza delle rotte risulta maggiore dal 40% al 60% circa, con conseguente impatto sui costi. Per citare una direttrice che interessa direttamente l’Italia, sulla Shanghai-Genova, spedire un container costa oltre 5.200 dollari (dato all’11 gennaio secondo il Drewry Index), con un aumento di circa il 270% rispetto al 23 novembre (settimana in cui gli assalti sono iniziati).
Porti a rischio
Secondo Srm c’è il rischio che se la crisi si prolunga l’opzione possibile è quella di “saltare” il mare Mediterraneo per raggiungere direttamente il nord Europa, anche se per ora questa opzione sembra scongiurata. E per l’Italia questa opzione sarebbe “fortemente negativa e carica di conseguenze per i nostri porti” che hanno traffico più intenso da e verso il Middle East ed il Far East, ossia Genova, La Spezia, Trieste e Gioia Tauro. Un “numero” su tutti; 154 miliardi di euro è l’ammontare dell’import export italiano che nel 2022 è passato per Suez, una cifra “monstre” che vale il 40% di tutto il nostro interscambio marittimo. “E’, quindi, immaginabile la dimensione del disagio che i nostri scali potrebbero subire in caso di persistenza del fenomeno”.